Omicidio di Vertova: Alì Ndiogou
chiede di essere interrogato

Mercoledì mattina era in programma l'udienza preliminare per il delitto di Vertova e la notizia è che Alì Ndiogou, davanti al gup Vittorio Masia, ha chiesto di essere interrogato. L'interrogatorio è stato fissato per venerdì 3 luglio e poi si discuterà del rinvio a giudizio di tutti gli imputati: il senegalese, accusato dell'omicidio, Giuseppe Bernini, ovvero il marito della vittima, l'imprenditrice Maria Grazia Pezzoli - uccisa a casa sua il 24 luglio 2008 - e un immigrato, accusati di favoreggiamento, e inoltre un carabiniere.

Il pm Carmen Pugliese aveva chiesto il rinvio a giudizio per Alì Ndiogou, tuttora in carcere, e gli altri tre indagati di reati minori: Giuseppe Bernini, marito della vittima ed ex datore di lavoro di Ndiogou, accusato di favoreggiamento; Aliuone Badara Silla, senegalese di 39 anni, di Gandino, pure lui accusato di favoreggiamento; e il maresciallo Ignazio Grinciari, comandante dei carabinieri di Fiorano, a cui sono contestati il falso ideologico e concorso in sottrazione di cose sottoposte a sequestro.

Il pm ha chiuso l'inchiesta a febbraio con la convinzione che l'assassino sia proprio Ndiogou. Il senegalese, 40 anni, di Vertova, avrebbe accoltellato la moglie del suo ex datore di lavoro dopo essersi visto rifiutare i 48 mila euro che reclamava dopo un licenziamento ritenuto ingiusto. Contro di lui ci sono le tracce ematiche e il sudore trovati sul luogo del delitto e compatibili col suo dna, alcune impronte e altro dna compatibile rilevato su un lembo di pantalone su cui c'era anche il sangue della vittima.

La difesa - gli avvocati Giovanni Fedeli, Emanuela Sabbi e Maria Serranò - sostengono invece che Ndiogou ha un alibi e che, fosse il vero assassino, nel mese intercorso fra il delitto e il suo arresto si sarebbe dileguato, senza sottoporsi al tampone salivare che l'ha poi incastrato.

Giuseppe Bernini, difeso dall'avvocato Antonio Cassera, deve rispondere di favoreggiamento nei confronti di Ndiogou. Per l'accusa avrebbe taciuto i contenziosi legali con il suo ex operaio nel tentativo di non far emergere le presunte irregolarità nella gestione della sua ditta. In questo modo, sostiene il pm, avrebbe ostacolato gli inquirenti che per risalire a Ndiogou ci avevano messo un mese, col rischio che il senegalese fuggisse. Per la difesa, invece, nel comportamento di Bernini - che ha sempre sostenuto di trattarsi di una dimenticanza, per di più plausibile per uno a cui hanno appena ucciso la moglie - non ci sarebbe nulla di irregolare.

Di favoreggiamento deve rispondere pure Silla, amico di Ndiogou, che ha negato di aver ricevuto una telefonata di 13 secondi dal presunto assassino subito dopo il delitto. Il suo difensore, Alessandro Zonca, parla però di innocente dimenticanza. E nel campo delle innocenti irregolarità potrebbe invece ricadere la posizione del maresciallo Grinciari, che alla vigilia dei funerali fece entrare nell'abitazione dove avvenne l'omicidio - sottoposta a sequestro e dunque inaccessibile a chiunque - Bernini, bisognoso di recuperare un abito pulito per le esequie.

È stata invece archiviata la posizione di Moctar Diop, senegalese di 36 anni, di Vertova, difeso da Emilio Tanfulla, pure lui ex dipendente di Bernini: fu il primo sospettato dopo che nel 2007 in un cantiere aveva aggredito l'imprenditore rubandogli il borsello coi soldi (per questo è stato condannato a un anno e 10 mesi), ma è stato scagionato dal test del dna.

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