Tram delle valli e piste ciclabili
La lettera di un ingegnere

«Una notizia e una lettera pubblicate sull'Eco di Bergamo mi portano a fare alcune considerazione che vorrei condividere con i lettori. La notizia riguarda l’eliminazione delle piste ciclabili, o presunte tali, di viale Papa Giovanni e di viale Giulio Cesare. Sinceramente, non conosco la situazione in viale Giulio Cesare, ma, per quanto riguarda la pista ciclabile di viale Papa Giovanni, penso sia stato evidente a tutti fin dall’inizio dei lavori che si trattava di un clamoroso errore».

«Per i pochi che non lo sapessero, fu progettata senza tenere in alcun conto le legittime esigenze di chi sul viale ha il proprio esercizio commerciale, per cui si cercò frettolosamente di trovare una soluzione al problema incredibilmente "dimenticato" del carico e dello scarico delle merci interrompendone il tracciato in corrispondenza di via S. Francesco d’Assisi, creando uno sorta di parcheggio quasi sempre utilizzato, a giudicare dalle auto in sosta, dai frequentatori dei bar della zona, deviandone, nel contempo, il percorso sul marciapiede, mettendo così in pericolo l’incolumità dei pedoni che, ad ogni ora del giorno, affollano quello che è sicuramente il viale principale di Bergamo; come se non bastasse, i ciclisti, per imboccare la pista, devono salire sul marciapiede all’altezza del semaforo all’incrocio con via Maj o del passaggio pedonale all’altezza della chiesa delle Grazie, naturalmente, e se possibile, evitando di investire i pedoni in procinto di attraversare».

«Insomma una vera assurdità, da qualsiasi punto di vista la si osservasse, così assurda che i ciclisti che ho visto percorrerla sono pochissimi, certamente molto meno di quelli che hanno continuato imperterriti a circolare sul marciapiede, con la certezza di non rischiare alcuna sanzione. E, ci tengo a precisare, per recarmi al lavoro percorro ogni giorno viale Papa Giovanni quattro volte. Ben venga quindi la decisione del nuovo sindaco di eliminarla, e di eliminare, a causa della "commistione, difficoltosa, fra pedoni e bici", quella di viale Giulio Cesare».

Ma poiché situazioni analoghe sono state dissennatamente create anche in altre parti della città, come nel caso dell’assai frequentato marciapiede di via Paleocapa fra via Quarenghi e via Paglia, trasformato in pista ciclo-pedonale al costo dei pochi colpi di pennello che hanno tracciato sulla sua superficie le forme stilizzate di una bicicletta e di un omino, senza alcuna messa in sicurezza, senza alcuna distinzione degli spazi per i pedoni da quelli dei ciclisti, senza che nessuno abbia la più pallida idea di chi, in un simile tracciato misto, abbia la precedenza né di quale sia il codice di comportamento da adottare, lo invito, cortesemente ma caldamente, ad eliminarle ovunque, e ad incaricare i suoi tecnici di studiare, finalmente, un sistema di piste ciclabili cittadine integrato, che colleghi i vari punti della città in modo continuativo e che, soprattutto, nel salvaguardare l’incolumità dei ciclisti, non metta a repentaglio quella dei pedoni».

«Ma ciò che mi preme sottolineare è che episodi come quello della pista ciclabile di viale Papa Giovani dimostrano come gli amministratori pubblici siano incapaci di riconoscere gli errori commessi: in questo caso, la soluzione più razionale sarebbe stata quella di smantellare subito tutto, ammettendo lo sbaglio nella progettazione; invece si è preferito perseverare apportando modifiche che hanno peggiorato un progetto già pessimo».

«E qui mi ricollego alla lettera del dottor Busana e alla relativa risposta dell’ufficio stampa Teb a proposito della questione degli "attraversamenti a raso" del nuovo tram delle valli, o, come preferisco chiamarli io, visto che tali sono, dei passaggi a livello. Se posso dare la mia opinione, ritengo piuttosto ozioso continuare a discutere se andavano protetti da sbarre o se, per renderli sicuri, siano sufficienti gli impianti semaforici che sono stati installati. La realtà, a mio avviso, è che non si sarebbe dovuto costruire alcun passaggio a livello, e che l’intersezione tra le rotaie e le strade avrebbe dovuto essere realizzata mediante sottopassi o cavalcavia».

«Da circa 30 anni esistono leggi (precisamente la n. 17 del 1981, a cui hanno fatto seguito la n. 189 del 1993 e la 354 del 1998) volte ad incentivare l’eliminazione dei passaggi a livello, sia perché ritenuti estremamente pericolosi, con sbarre o senza sbarre, sia perché costituiscono un grave ostacolo alla circolazione. A Bergamo, senza aver mai eliminato quelli di via Moroni o di Boccaleone, in un sol colpo ce ne siamo ritrovati quasi 30 nuovi di zecca, di cui alcuni, come quello di via S. Fermo o di via Martinella, così vicini a un altro semaforo da rendere molto probabile (l’ho visto di persona) che la coda dei veicoli fermi invada le rotaie».

«Trovo sinceramente irritante che l’ufficio stampa di Teb cerchi di liquidare gli incidenti capitati negli ultimi tempi come "causati dal gravissimo comportamento degli automobilisti" che, non certo per "distrazione come superficialmente è stata descritta da alcuni operatori dell’informazione", hanno semplicemente commesso "una grave trasgressione". Premesso che concordo nel ritenere una grave infrazione passare col rosso, e che vorrei vederla sanzionata anche agli incroci del centro cittadino, vorrei segnalare alla Teb e al suo ufficio stampa come, oltre ai pazzi trasgressori, ci sia tutta una serie di potenziali "attraversatori" che, magari, non meriterebbero solo per questo di morire: ad esempio, gente il cui veicolo ha avuto un guasto, magari ai freni, o gente colpita da un malore, o gente non nel pieno possesso delle proprie facoltà, il che non è certo cosa encomiabile ma che ritengo non debba essere punita, solo per questo, con la morte, o ragazzini in bici o in motorino la cui voglia di trasgressione, a qualunque costo, è da ipocriti ignorare, anche se sono il primo a deprecarla, o gente distratta che non vede il semaforo (capita, gentile ufficio stampa), o, più semplicemente, tutti noi quella volta in cui il semaforo si guasterà».

«Perché, lo sappiamo benissimo, prima o poi uno di quei semafori si guasterà. Quando frequentavo la facoltà di ingegneria del Politecnico di Milano, mi venne insegnato che qualsiasi struttura o qualsiasi dispositivo che possano, anche solo potenzialmente, comportare qualche rischio debbano essere progettati "a prova di stupido": devono, cioè, essere progettati in modo da prevedere e da anticipare qualsiasi pericolo, anche quelli che potremmo ritenere assurdi. È la differenza fra un buon progetto e uno cattivo».

«Il semaforo, il cartello di avvertimento, il lampeggiante o il segnale acustico non sono misure di sicurezza adeguate, meno che mai in un caso come questo in cui il rischio è così elevato. Certo, realizzare sottopassi o cavalcavia ha un costo ben superiore di quello dei passaggi a livello, però la domanda che credo in molti si siano fatti ultimamente è: senza scomodare Lione, Marsiglia e Dublino, la cui reale situazione in pochi possono verificare, perché a Brescia, così vicina a noi, il progetto della nuova metropolitana prevede che, dei 13,1 Km totali, ben 5,9 siano in galleria e 1,7 in viadotto? Cosa hanno i bresciani più di noi?».

«Purtroppo, comunque, quello che ritengo un gravissimo errore, anche per le implicazioni che avrà, per decenni, sulla viabilità cittadina, ben difficilmente, come ho detto sopra, sarà riconosciuto, e, in ogni caso, non c’è ormai alcun modo di porvi rimedio. La speranza, almeno, è che nelle linee che, a quanto pare, si progetta di realizzare verso il nuovo ospedale e verso la val Brembana, non venga ripetuto. Come si dice, errare è umano, con quel che segue».

Ing. Mauro Caucchiolo
Bergamo

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