«Periti industriali cercansi»
Confindustria punta sul Paleocapa

Sono stati per decenni il perno del manifatturiero italiano. Sono i periti industriali, figure professionali che nel vasto mare delle piccole imprese svolgono funzioni spesso di vertice nei processi produttivi e, in quelle più strutturate, costituiscono la nervatura di collegamento tra direzione aziendale e reparti. In Italia, ogni anno le imprese hanno «fame» di diplomati tecnici e professionali in ragione di oltre 323mila unità, ma ne trovano a disposizione solo 142mila. C’è un gap di 181mila diplomati che, purtroppo, non si trovano.

Il fenomeno è tanto più critico quanto più si consideri che l’incidenza delle professioni tecniche sul totale dell’occupazione è passato in Italia dal 16% del 2000 al 22% del 2007, collocandosi al di sopra della media Ocse di cinque punti percentuali. Dopo diciassette anni di calo costante, finalmente le iscrizioni agli istituti tecnici e professionali sono riprese con l’anno scolastico 2008-2009. Un timido +0,6% che non risolve il problema ma che va incoraggiato attraverso un orientamento mirato verso i giovani e le famiglie.

Ecco allora il progetto elaborato dal Club dei 15, il network della associazioni provinciali di Confindustria, che ha scelto fra gli Itis dell’innovazione manifatturiera anche l’Itis Paleocapa (dirigente scolastico Michele Nicastri). Il Club vuole rilanciare e sviluppare la cultura tecnica valorizzando gli istituti secondari superiori. Quegli istituti che, in diversi casi, risalgono alle scuole tecniche messe in piedi proprio da imprenditori di tre o quattro generazioni fa e che sovente ne portano ancora il nome . E che, oggi, potrebbero trovare ancora una volta nell’industria un supporto per riqualificarsi.

L’idea è quella di investire su attività, progetti, iniziative per avvicinare il mondo della scuola a quello dell’impresa, alle sue esigenze e ai suoi linguaggi. Come? Borse di studio agli studenti meritevoli, stage in azienda, preparazione dei docenti, ammodernamento e potenziamento dei laboratori scolastici, alternanza scuola-lavoro: rendere così le scuole più attrattive, fare percepire il valore dell’istruzione tecnica e l’utilità di un diploma per trovare subito un lavoro qualificato nell’industria. Per partire, il progetto prevede una fase di messa a punto coinvolgendo quindici istituti tecnici, ciascuno per le province del Club.

«Daremo vita - spiega Alberto Barcella, past-president di Confindustria Bergamo, attuale responsabile del progetto all’interno del Club dei 15 - ad un network di istituti tecnici e professionali protagonisti dell'innovazione manifatturiera con i quali ogni Associazione del Club collabora già da alcuni anni. Grazie alla flessibilità prevista dalla riforma e al coinvolgimento diretto delle imprese cercheremo di orientare l’offerta formativa alle necessità del territorio, ma - soprattutto - con il prezioso contributo dei docenti si potrà offrire ai giovani una più ampia gamma di opportunità per accrescere le loro conoscenze e competenze».

L’intento è anche quello di superare il luogo comune che vede il liceo come la serie A e l’istituto tecnico come la serie B. Infatti, il 54% dei diplomati tecnici si iscrive all’università. Il 26% dei laureati tecnico-scientifici proviene dagli istituti tecnici e quasi il 30% dei laureati in ingegneria e architettura possiede un diploma rilasciato da istituti tecnici. Si tratta di dati che ridimensionano notevolmente il presunto differenziale reputazionale tra licei e istituti tecnici. E per chi entra in azienda ci sono opportunità e possibilità pari a quelle di un neolaureato, perchè le aziende non guardano più solo al titolo di studio ma anche a quello che concretamente i giovani sanno fare.

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