Aneurisma, muore a 19 anni
Donati gli organi di Jessica

«Ieri era qui, sorridente come al solito. E adesso non c’è più». Jessica i suoi amici li ha lasciati così, all’improvviso. E loro non riescono a crederci, stanno lì con le lacrime agli occhi. Come i genitori, come le compagne del liceo «Falcone» di Bergamo, come i colleghi di lavoro del bar di Scanzorosciate che condividevano con lei i weekend dietro al bancone.

Jessica Santini aveva 19 anni. Era bella, solare, amava la vita. Ma mercoledì pomeriggio, mentre si trovava a casa, si è sentita male: «Ho mal di testa». Un dolore man mano più acuto, insopportabile. L’allarme è scattato, con la corsa dell’ambulanza del 118. L’hanno ricoverata ai Riuniti, ma quando è arrivata era già gravissima.

Quel dolore alla testa era un aneurisma, un male improvviso e gravissimo che ha spezzato la sua vita. Il decesso è stato constatato giovedì pomeriggio, intorno alle 16: distrutta dal dolore, mamma Monica ha chiesto ai medici di poter donare gli organi, concedendo a sua figlia di fare questo ultimo regalo a un mondo che tanto amava.

I medici hanno fatto gli accertamenti necessari, è scesa in campo una équipe specializzata, e nella prima serata l’operazione è stata fatta. Restano nel dolore i fratellini Leonardo e Gabriele, di 7 anni, Stefano, di 15, il papà Fabio e la mamma Monica. Jessica viveva con la famiglia in via Collina Alta, alla Tribulina di Scanzo.

Lì un po’ tutti la conoscevano, così come a Scanzo, dove lavorava in un bar del centro e dove la famiglia ha a lungo gestito un negozio di frutta e verdura proprio nei pressi dell’oratorio e della farmacia. «Era simpaticissima, sempre allegra», ricordano gli amici d’infanzia.

A Jessica piaceva ballare, trascorrere tempo in compagnia degli amici, ma non solo. «Qualche anno fa aveva fatto l’animatrice al Cre di Scanzo e diceva che le era piaciuto un sacco», ricordano alla Tribulina. I colleghi di lavoro sono attoniti: la notizia della sua morte è circolata nel tardo pomeriggio: «È un colpo assurdo», dicono.

Jessica studiava al Falcone di Bergamo, era in quinta superiore. Le piaceva navigare su internet. Ed è proprio sulla sua pagina web che si capisce che per lei a contare più di tutto erano gli affetti. «La cosa più bella che mi è capitata? Beh, passare un anno indimenticabile con l’amore della mia vita... Essere innamorata... Così posso dire che almeno una volta nella vita mi è successo...».

Gegie90, questo il suo nome su internet, aveva anche annotato una frase dall’atto II di Romeo e Giulietta: «Che significa "Montecchi"? Nulla: non una mano, non un piede, non un braccio, non la faccia, né un’altra parte qualunque del corpo di un uomo. Che cosa c’è in un nome? Ciò che noi chiamiamo con il nome di rosa, anche se lo chiamassimo con un altro nome, serberebbe pur sempre lo stesso dolce profumo».

Ora Gegie non c’è più, ma qualcuno vive grazie a lei e alla generosità dei suoi genitori. «Stacci ancora vicino, come lo sei sempre stata. Ti vogliamo bene sorellona», le hanno scritto i fratelli. «Io avevo il compito di essere il tuo angelo custode, ora sei diventata tu il mio angelo», dice la mamma. Mentre nell’ultimo scritto per ricordarla il papà si rivolge al Signore: «Non chiedo perché me l’hai tolta, ma ti ringrazio per avermela data».

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