Dimissioni protette dai Riuniti
in un anno aiutati 1.368 pazienti

In un anno di attività la Centrale dimissioni protette, struttura creata dalla collaborazione tra gli Ospedali Riuniti, l’Asl e il Comune di Bergamo, ha seguito 1.368 pazienti, di cui 133 direttamente. Si tratta di persone dimesse dall’ospedale ma bisognose di un percorso di accompagnamento e di continuità delle cure perchè particolarmente fragili o privi di un supporto familiare adeguato.

Unica esperienza di questo tipo in Lombardia, l’équipe di lavoro è coordinata da Maria Teresa Carlessi, responsabile infermieristica della continuità ospedale – territorio degli Ospedali Riuniti ed è composta da operatori degli Ospedali Riuniti e dell’ASL di Bergamo: per l’ospedale lavorano alla Centrale Dimissioni Protette la caposala Franca Nozza Bielli, le assistenti sociali Anna Demalde, Donatella Salvi, Simona Lorenzi e Alice Terzi, l’amministrativa Regina Garattini, e l’operatore sanitario Elena Carnevali; per l’ASL invece sono presenti le infermiere Teresa Facheris e Maria Grazia Capello.

In tutto 10 donne che hanno il proprio quartier generale presso la Direzione Professioni Sanitarie degli Ospedali Riuniti. È toccato al Direttore Generale degli Ospedali Riuniti, Carlo Bonometti, spiegare tutte le novità di questo progetto, di grande importanza per un ospedale che a volte è costretto a prolungare in maniera inappropiata il ricovero dei pazienti perchè privi di un’adeguata rete di supporto fuori dalla struttura ospedaliera.

«La Centrale di Dimissioni Protette incarna un concetto fondamentale del panorama socio-sanitario attuale, di cui tanto si sente parlare, ma che non è così facilmente attuabile: la centralità del paziente e quindi anche la continuità delle cure necessarie per le persone più fragili. Si tratta di una struttura che vede lavorare insieme personale dei Riuniti e dell’Azienda sanitaria locale, altro forte elemento d’innovazione che testimonia la possibilità e la positività del dialogo tra ospedale e territorio, e che rende sistematico un percorso che prima rischiava di restare affidato alla buona volontà dei diversi reparti, con evidenti disomogeneità. La logica di fondo della CDP è quella di dare una risposta appropriata alle necessità del paziente in tempi rapidi: consideriamo quella attuale una fase di rodaggio che ci porterà a lavorare a pieno regime nel nuovo ospedale».

Attore fondamentale per la realizzazione del progetto è stata l’ASL di Bergamo, nella sua funzione di garante della salute dei cittadini, impegnata da tempo a promuovere tutte quelle iniziative volte a rendere più fluido e agevole il percorso della malattia nei soggetti più fragili e delle loro famiglie.

«La CDP è una scommessa vinta e per questo ringrazio tutti gli operatori che hanno creduto in questo progetto e hanno lavorato sodo per concretizzarlo in una realtà che vuole dare una risposta appropriata a quei pazienti che vivono le dimissioni dal reparto ospedaliero come un grosso problema, inserendoli all’interno di strutture protette o percorsi assistenziali appropriati e in tempi brevi – ha commentato Roberto Testa, Direttore generale ASL di Bergamo -. Dobbiamo essere orgogliosi di essere stati i primi in Lombardia ad abbattere le barriere tra le istituzioni ospedaliere e territoriali per creare insieme una valida rete di supporto per le persone più sole e più fragili».

«La città di Bergamo sta seguendo con grande orgoglio e attenzione questo progetto che apprezziamo per le sue finalità e per il modo nel quale è stato sviluppato – ha proseguito Leonio Callioni, Assessore alle Politiche Sociali del Comune di Bergamo - . Tra i nostri cittadini c’è una percentuale molto elevata di anziani, molti dei quali vivono soli. La CDP è una risposta concreta alla nostra necessità di rispondere ad una domanda assistenziale sempre crescente, soprattutto di soggetti non autosufficienti».

Dalle statistiche del primo anno di attività della CDP emerge che il paziente – tipo di cui la nuova struttura si fa carico è un uomo, ultraottantenne, residente nell’ambito territoriale di Bergamo portatore di più di patologie, che viene indirizzato a una struttura socio sanitaria. «Ma nel suo campo di azione rientrano per esempio anche persone più giovani in stato vegetativo permanente o con patologie croniche degenerative – ha precisato Claudio Sileo, Direttore sanitario degli Ospedali Riuniti di Bergamo -. Il bacino d’azione è eterogeneo, perchè la CDP colma il vuoto assistenziale a cui molti pazienti si trovavano di fronte una volta dimessi dall’ospedale, perchè portatori di necessità sociali e sanitarie non assimilabili ai criteri di inserimento che guidano percorsi già attivati da anni sul nostro territorio come l’Assistenza Domiciliare Integrata, l’Ospedalizzazione Domiciliare e il ricovero in altre strutture socio sanitarie di tipo non ospedaliero. Il nostro obiettivo è che vengano segnalati alla CDP tutti i casi che necessitano di una qualche forma di continuità assistenziale affinchè le persone abbiano un punto di riferimento a cui rivolgersi per avere in tempi brevi risposte appropriate. Il cambio di mentalità che deve guidare tutti gli operatori è proprio quello di capire che non basta trovare un posto, ma occorre trovare un posto che risponda realmente alle esigenze del paziente e che sia disponibile rapidamente, anche pianificando degli step successivi».

Le soluzioni individuate dalla CDP rispetto ai bisogni assistenziali prediligono il rientro a domicilio, in tutti i casi dove esiste un contesto familiare disposto a farsi carico del paziente, con il supporto di personale sanitario e socioassistenziale. Significativa anche la quota di pazienti ricoverati in strutture di riabilitazione, come soluzione intermedia in vista di un ricovero definitivo in strutture adeguate.

«Durante questo primo anno di attività – ha concluso Massimo Giupponi, Direttore Sociale dell’ASL di Bergamo - la Centrale Dimissioni Protette agli Ospedali Riuniti si è dimostrata un laboratorio di innovazioni molto interessanti che serviranno all’ASL per trasferire l’esperienza, con i dovuti adattamenti, anche alle altre realtà territoriali provinciali. Per esempio abbiamo già realizzato un accordo con i 14 ambiti territoriali in base al quale, in ciascun ambito, è operativo dal luglio 2009 un gruppo di lavoro composto da infermieri dell’ASL e assistenti sociali dei Comuni. Questa équipe si prende in carico dei casi, segnalati sia dagli ospedali che dal territorio, che necessitano di un percorso di continuità assistenziale. Sono inoltre in fase di definizione anche accordi con tutte le altre aziende ospedaliere bergamasche affichè queste segnalino ai gruppi di lavoro tutti i casi che necessitano di continuità assistenziale».

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