Aborto, ricorso respinto
Formigoni: «Vittoria di Pirro»

«Per le nostre aziende ospedaliere non cambierà nulla: hanno da tempo incominciato a muoversi nella direzione dell’aborto terapeutico non oltre la 22ª settimana e sulla base dei propri comitati etici continueranno a farlo». Lo dice il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, dopo aver appreso la notizia che il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso presentato dal Pirellone contro la sentenza del Tar della Lombardia che a maggio aveva accolto, su richiesta della Cgil, la «sospensiva» delle linee di indirizzo sull’interruzione della gravidanza che la Lombardia aveva emanato a gennaio.A gennaio, infatti, la Regione Lombardia aveva adottato nuove linee guida sulla legge 194, quella cioè che regola l’aborto terapeutico in Italia. In pratica, l’aborto terapeutico non era più consentito oltre la 22ª settimana e tre giorni dalla data del concepimento, anticipando di circa 11 giorni il limite di 24 settimane «tradizionalmente» seguito fino ad allora. L’indicazione era frutto di una sperimentazione portata avanti con successo già dal 2004 dalla Clinica Mangiagalli e dall’ospedale San Paolo di Milano. Nel maggio scorso, il Tar aveva sentenziato che la Regione non può condizionare la libera scelta delle donne e che i medici sono tenuti al rispetto della 194 e del codice deontologico. Il Tar aveva anche giudicato fondate le ragioni di urgenza e sospeso gli effetti della disposizione regionale, rinviando alla discussione di merito (presumibilmente entro la fine dell’anno) le motivazioni e il giudizio sul provvedimento.«L’azione che come Regione Lombardia abbiamo intrapreso e continueremo a difendere - prosegue Formigoni - aveva ed ha lo scopo di fornire uno stimolo alla scienza medica ad andare avanti nella ricerca e di aprire un ulteriore spazio di modernizzazione al Paese. Conservatorismi e parrucconismi di vario tipo si sono opposti. E’ sorprendente che si sospendano linee di indirizzo, peraltro non vincolanti, che fotografano una realtà già evidente non solo alla gran parte del mondo sanitario lombardo ma anche ad altre parti del Paese. L’ideologia - insiste Formigoni - si illude di aver vinto contro l’evidenza scientifica, che viene invocata solo quando fa comodo. E’ una vittoria di Pirro perché negli ospedali lombardi tutto continuerà secondo quanto ampiamente condiviso con i medici. Il dibattito comunque - sottolinea Formigoni - non si ferma qui: la nostra azione e la realtà del progresso scientifico e di una cultura orientata alla vita lo faranno proseguire». Per il segretario generale della Cgil Lombarda, Nino Baseotto, «siamo probabilmente in presenza di una sentenza destinata a fare giurisprudenza, sia sul piano dei diritti delle donne, sia rispetto al delicato equilibrio nei rapporti tra Stato e Regioni. Siamo molto, molto soddisfatti .Oggi è una splendida giornata per le donne, i loro diritti, la loro libertà di scelta. Questo pronunciamento del Consiglio di Stato ci dà ragione sul metodo (la procedura d’urgenza), ma soprattutto nel merito, con il vincolo per la Regione Lombardia di ritirare le proprie Linee Guida. Mi auguro che la Regione voglia ora riaprire il confronto su questi temi, ascoltando davvero l’opinione delle donne, dei medici, delle organizzazioni di rappresentanza e della società civile". Da parte sua il consigliere regionale bergamasco, Marcello Raimondi, sottosegretario alla presidenza per l’attuazione del programma regionale, sottolinea come sia “sorprendente che ancora qualcuno possa utilizzare la maschera dei diritti delle donne per una battaglia di retroguardia su una materia così delicata che oggi vede un ampio dibattito nella comunità scientifica e medica e profonde revisioni da parte di molti di coloro che trent’anni fa sostenevano l’aborto. Regione Lombardia non ha fatto altro che ascoltare con rispetto queste nuove voci che da tempo chiedono modalità e strumenti nuovi per rispondere alle esigenze delle donne e della dignità umana”.(08/10/2008)

© RIPRODUZIONE RISERVATA