Alzano, inaugurato il nuovo pronto soccorso

È stato inaugurato questa mattina - alla presenza del ministro della Sanità Girolamo Sirchia, del ministro per gli Italiani all’estero Mirko Tremaglia e dell’assessore lombardo alla Sanità Carlo Borsani - il nuovo Pronto soccorso dell’ospedale «Pesenti-Fenaroli» di Alzano.

L’iniziativa è nata grazie al determinante contributo dell’associazione «San Martino», e del Credito Bergamasco.

Questo intervento - ha sottolineato il direttore generale dell’azienda ospedaliera «Bolognini» di Seriate, Amedeo Amadeo - è l’ultimo di una serie avviata dal 2000 a oggi per modernizzare, mantenendo l’equilibrio di bilancio, i sette ospedali che fanno capo all’Azienda ospedaliera Bolognini di Seriate.

I locali, benedetti oggi dal vescovo ausiliario di Bergamo monsignor Lino Belotti, serviranno un’utenza di circa 60 mila persone, consentendo all’ospedale di Alzano di porsi sul territorio come l’ospedale di riferimento per tutta la Valle Seriana.

Il nuovo Pronto soccorso - costato 1.800.000 euro - è collocato al pianterreno della palazzina che già oggi ospita (al primo piano) il nuovo blocco operatorio dell’ospedale e ha anche un’area dedicata alla pediatria. Ha una superficie di mille metri quadrati e dispone di quattro ambulatori per le visite dei pazienti, due studi per i medici, un locale per la diagnostica e una «choc-room»

L’ospedale di Alzano - ha osservato il ministro Sirchia - fa parte di una rete ospedaliera che è l’esempio di come va organizzata la sanità sul territorio: una serie di ospedali territoriali che poi si appoggeranno agli Ospedali Riuniti che, come ospedale di altissima specialità, sarà il luogo provinciale di riferimento.

Dal Dpef - ha aggiunto Sirchia toccando temi nazionali - mi attendo per la Sanità «l’attenzione che abbiamo chiesto». In questi due anni - ha aggiunto - abbiamo dato molto e adesso vorremmo ricevere: l’obiettivo è ridurre le liste d’attesa.

Da oggi l’ospedale di Alzano ha anche un nuovo ingresso, ricollocato lungo via Mazzini.

(14/07/2003)

Su L’Eco di Bergamo del 15 luglio 2003

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