Amianto, funzionario Inail agli arresti

Svolta nell’inchiesta sulle «pensioni facili» a lavoratori a rischio della Dalmine

L’ordinanza del giudice gli è stata notificata nella sua abitazione di Albano Sant’Alessandro: Pietro Nigro – 61 anni, funzionario dell’Inail – da ieri mattina è agli arresti domiciliari nell’ambito dell’inchiesta della Guardia di Finanza di Treviglio sulle «pensioni facili» ai lavoratori a rischio-amianto della Dalmine, la stessa che vede indagati anche cinque delegati sindacali (due della Cisl, altrettanti della Cgil e un altro della Uil) e un funzionario dell’azienda.

TRUFFA ALL’INPS Truffa e falso le accuse contestate dal pubblico ministero Angelo Tibaldi. Il magistrato ha chiesto e ottenuto dal gip Vincenza Maccora l’arresto dell’indiziato che avrebbe avuto un ruolo preminente nel raggiro. L’accusa: Nigro aggiustava le pratiche per la pensione spettante agli operai che lavoravano a contatto con il materiale tossico, in modo che questi ultimi potessero ottenerla pur non avendo i requisiti necessari. Il tutto – è la tesi degli inquirenti – con la complicità del funzionario della Dalmine, che forniva le pezze d’appoggio per giustificare le «modifiche» ai dati, e dei delegati sindacali che si occupavano delle pratiche e che – sostiene l’accusa – erano consapevoli del meccanismo truffaldino. Risultato: un raggiro milionario per le casse dell’Inps, che pagava (o ha rischiato di pagare) pensioni a persone che non ne avevano titolo. Oltre una ventina i casi (consumati e tentati) nel mirino degli investigatori, con i quali ha collaborato il servizio ispettivo dell’Inps.

IL MECCANISMO Chi ha lavorato per almeno dieci anni in reparti a rischio amianto può godere di benefici che gli consentono di anticipare la pensione rispetto agli altri lavoratori. Perché questo avvenga, occorre istruire una pratica: l’operaio chiede un «curriculum» della sua attività all’azienda, che glielo rilascia, inviandone anche una copia all’Inail. Il dipendente porta poi la documentazione al sindacato, dove gli viene fatta compilare una sorta di autocertificazione nella quale indica il lavoro svolto in ditta, precisando periodi, reparti, mansioni e altre indicazioni simili. Alla fine il fascicoletto arriva all’Inail, che valuta se ci sono i requisiti necessari per lo scivolo pensionistico e rilascia un certificato dal quale risultano gli anni di esposizione all’amianto. Se le indicazioni corrispondono a quelle previste dalle legge, il lavoratore ottiene la pensione. Nigro – è l’accusa – modificava i dati sugli anni di esposizione. Ci sarebbero casi in cui la differenza è minima (dieci anni al posto di nove, ad esempio) ma anche altri in cui sarebbero stati attestati oltre dieci anni a chi non aveva mai lavorato con l’amianto. Il funzionario della Dalmine – sostengono gli inquirenti – aggiustava i «curricula» mentre i delegati sindacali avrebbero fatto da tramite. Anche per le pensioni di due di questi delegati (uno Cisl e uno Cgil) i dati sarebbero stati aggiustati, senza che però la pratica sia poi andata in porto.

IL SINDACATO Quando un mese fa la notizia dell’inchiesta sulle «pensioni d’amianto» apparve sulla stampa, i sindacati di Cgil-Cisl e Uil, in un comunicato, precisarono che «la responsabilità della certificazione dei "curricula" dei lavoratori non è affidata dalle legge ai "sindacalisti" né ai lavoratori, ma all’azienda che rilascia il curriculum e all’Inail che lo verifica per accertare l’esposizione decennale all’amianto... Che dei sindacalisti possano aver operato per estendere questa discrezionalità in favore dei lavoratori, che abbiano fatto domanda magari anche quando non c’erano i presupposti, non costituisce né truffa né falso». La Dalmine, da parte sua, in questa vicenda si è sempre proclamata parte lesa.

PATTEGGIA L’EX DIRETTORE E, sempre in tema di Inail, ieri l’ex direttore Francesco Tedeschi, 60 anni, residente ad Azzano, ha patteggiato un anno e sei mesi (pena sospesa) per corruzione per aver ricevuto mazzette da alcune aziende che, con questo sistema, versavano all’ente meno contributi di quelli dovuti. Assolto l’imprenditore della «MTC scaffalature» Giulio Ciglioni, 52 anni, di Mornico, che era finito nei guai con la stessa accusa per aver dato all’ex vice direttore un cesto alimentare del valore di trecentomila delle vecchie lire. Rinviati a giudizio, invece, Ivano Pierotti, all’epoca dei fatti ispettore della Direzione provinciale del lavoro, gli imprenditori Tullio Tengattini della «Chryso Italia», Gianfranco Plazzoli («Vibro armature srl»), Vittorio Basso («Cem srl») e Angelo Brignoli della «B&B» srl.

(30/01/2004)

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