Bergamo si gioca il suo futuro
facendo rete e puntando sul sociale

Cinque idee per guardare avanti. Per pensare a quella Bergamo dei prossimi 20 anni (ed oltre) tenacemente inseguita in oltre un anno di lavoro con L’Ecolab. Dai mille colori come quell’Arlecchino tanto bergamasco quanto internazionale portato in scena da Eugenio De Giorgi.

Cinque idee (sfogliale qui, in fondo alla pagina che si aprirà) per guardare avanti. Per pensare a quella Bergamo dei prossimi 20 anni (ed oltre) tenacemente inseguita in oltre un anno di lavoro con L’Ecolab. Dai mille colori come quell’Arlecchino tanto bergamasco quanto internazionale portato in scena da Eugenio De Giorgi: «I bergamaschi sono un po’ come le nostre Mura, chiuse ma dal cuore tenero». E capaci di immaginare insieme un futuro, magari difficile ma tutto da giocare, in una città alla fine comunque promossa dall’87% dei suoi abitanti. Un valore di oltre 20 punti superiore alla media nazionale.

Una sfida che L’Ecolab ha portato avanti insieme alla città, ad Ipsos e all’Università, giunta al termine. Anzi no, ora si riparte: perché le cinque priorità individuate ora passano di mano. In quelle di chi l’anno prossimo si cimenterà con le amministrative, e potrà contare su un’agenda scritta insieme a chi Bergamo la vive e la abita. E la immagina sospesa tra sogni e bisogni: la linea metropolitana sulla ferrovia Seriate-Ponte San Pietro, una rete tra le associazioni di volontariato (ma anche tra le proposte culturali presenti), una pianificazione urbanistica a lungo termine, cartelli interattivi per il turismo e Last Minute Market come risposta immediata (ed etica) alla crisi. Cinque proposte a fronte delle quasi 30 emerse nei moduli di confronto su mobilità, urbanistica, ambiente, abitabilità e bellezza.

«Uno straordinario viaggio dentro la città, uno dei più affascinanti reportage degli ultimi anni perché non l’abbiamo fatto da soli» spiega il direttore de L’Eco di Bergamo, Giorgio Gandola, in apertura della serata finale condotta da Max Pavan: «Risultati e proposte concrete, come concreta è la gente bergamasca».

Una missione nel Dna del nostro giornale, aggiunge Nando Pagnoncelli, presidente di Ipsos, che cita una prima pagina de L’Eco di Bergamo, anno di grazia 1880, dove nella mission c’è l’ascolto della città. «La tecnologia che c’è dietro L’Ecolab ha radici lontane». Ancora più importante «se è un ascolto prolungato in un’epoca dove prevale il tutto e subito».

Ipsos, compagno di viaggio insieme all’Università: «I nostri studenti hanno colto la novità di questa esperienza. Un seme di futuro messo dentro ogni giovane, un’apertura di credito» commenta Piera Molinelli, prorettore con delega all’Orientamento.

In una città che sia il più possibile smart: «Una definizione esatta non c’è, è un percorso. Nella storia le città sono costantemente sottoposte all’innovazione, e la rivoluzione sta nella conoscenza» rileva Michele Vianello, tra i massimi esperti del settore. E la parola chiave è una: «Consapevolezza». Anche del fatto che la città contemporanea è fatta di persone «che questa esperienza de L’Ecolab ha messo al centro dei processi». E di nuove sfide: «Per esempio quella di un turismo non più fatto di autoreferenzialità: i social network impongono che la narrazione delle città la fa chi la visita, non chi la abita».

Priorità e indicazioni contenute in un libretto blu frutto di «un percorso davvero articolato» ricorda Pagnoncelli. In questo contesto nascono proposte, ma anche avvisi ai naviganti: «Serve un’idea di città, con vantaggi che rendano accettabili i sacrifici richiesti: diversamente prevale l’interesse dell’individuo» aggiunge Pagnoncelli. «Ma il territorio si interroga sul fatto che i giovani devono avere un ruolo?» chiede la Molinelli. E anche questo fa parte di quella richiesta di «progettazione a lungo termine» partita dall’urbanistica ma applicabile al futuro in generale. «Spesso – rileva Gandola – chi amministra la città tende purtroppo ad avere lo sguardo vicino, in una perenne campagna elettorale». Che comunque è alle porte, e un’inedita chiave di lettura la fornisce, fuori dagli schemi, Vianello: «Vince la città che innova, non quella che tura buche». E vince soprattutto chi la città la sa ascoltare.

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