C’è il giallo di Gandellino:
«Antonio non aveva nemici»

«Tommaso non aveva nemici né qualcuno che gli volesse del male. E tantomeno poteva finire nel mirino di un rapinatore: in casa non c’era proprio nulla da rubare». Chi conosceva Antonio Trivella fatica a pensare che qualcuno abbia potuto fargli male.

«Tommaso non aveva nemici né qualcuno che gli volesse del male. E tantomeno poteva finire nel mirino di un rapinatore: in casa non c’era proprio nulla da rubare». Chi conosceva Antonio Trivella, più noto come Tommaso, il cinquantenne di Gandellino morto il 10 febbraio all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo dopo 8 giorni di coma causati da una forte botta al capo, fa fatica a pensare che qualcuno possa avergli voluto fare del male

Anche se la botta in testa, provocata dal contatto con un termosifone in ghisa della cucina, quello accanto al quale Tommaso è stato trovato riverso e senza sensi dal fratello Franco, nella notte tra il 2 e il 3 febbraio, è piuttosto vistosa. E su di essa, in particolare, si concentreranno le attenzioni del medico che, tra lunedì 17 e martedì 18 febbraio, effettuerà l’autopsia disposta dal sostituto procuratore Monia Di Marco, che ha aperto un’inchiesta per far luce sul caso.

L’esame dovrà chiarire se una caduta accidentale contro un calorifero in ghisa possa aver provocato la vistosa ferita sopra l’arcata sopraccigliare e delle sospette fratture craniche. Di certo in casa non c’era nulla da rubare: lo stesso Trivella aveva spostato il letto vicino alla stufa per potersi scaldare durante la notte.

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