Dalla scuola all’Oscarino
Addio ad Adriano Frattini

Marito, padre, nonno, insegnante, musicista, cinefilo, lettore, scrittore. E collaboratore de «L’Eco», titolare di una firma che adesso non si potrà leggere mai più. Adriano Frattini, 67 anni, si è spento martedì 21 gennaio nella sua casa di Lovere.

Marito, padre, nonno, insegnante, musicista, cinefilo, lettore, scrittore. E collaboratore dell’Eco di Bergamo, titolare di una firma che adesso non si potrà leggere mai più. Adriano Frattini, 67 anni, si è spento martedì 21 gennaio nella sua casa di Lovere, stroncato da una malattia che lo ha inseguito a lungo, contro cui aveva ingaggiato una personalissima lotta per spostare sempre un po’ più in là l’appuntamento con i titoli di coda sfoderando la propria arma migliore, l’ironia.

Adriano Frattini era solito affrontare la vita con il sorriso sulle labbra, a partire dal lavoro come insegnante nelle scuole medie dell’Alto Sebino e in tutti i campi in cui si è dato da fare a Lovere e dintorni: negli anni aveva saputo «rabboccare» il serbatoio del proprio animo con il variegato e variopinto carburante della cultura: letteratura, cinema e musica gli davano di continuo spunti, idee, riflessioni e incanti in grado di soddisfare la sua sete di bellezza.

E poi scriveva, scriveva. Aveva iniziato per necessità, perché non trovava un testo adatto alle sue lezioni in classe, realizzando il manuale di educazione tecnica su cui hanno studiato centinaia di ragazzi, e subito dopo, convinto dall’amico Daniele Vaninetti, era diventato corrispondente da Lovere per il nostro giornale. Per 25 anni ha raccontato il suo lago, la sua terra e i suoi protagonisti. Non contento, a 60 anni, aveva scoperto in sé una vena narrativa pubblicando il suo primo romanzo, «Upir». Si dilettava anche con la musica, suonando la tromba, l’euphonion o il bombardino nelle bande di Castro e di Lovere, e si era speso in prima persona nella vita amministrativa della sua cittadina, come assessore al Turismo a metà degli Anni ’90.

Ma era il cinema a dargli le più grandi soddisfazioni. Descriveva un movimento di macchina con una passione trascinante, si innamorava di certe sceneggiature e studiava fotogramma per fotogramma i suoi film preferiti, quelli di Stanley Kubrick per esempio o dell’amato Charlie Chaplin: «ça va sans dire» che sulla copertina del libro di tecnica c’era un’immagine di «Tempi moderni». E il cinema gli ha permesso di portare Lovere nel mondo: prima con l’Oscarino, e poi con il festival Corto Lovere, la cittadina è diventata in 16 anni un punto di riferimento internazionale per tutti coloro che si divertono con la macchina da presa. Divertirsi e sorridere erano le sue parole d’ordine. E per questo, ancora di più, ci mancherà.

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