«Devo aiutare Nicola»
Metodo Stamina, il papà a Roma

Lunedì 25 novembre, dopo essere partito all’alba da Brusaporto, Thomas Ghidotti sarà a Roma, in piazza Montecitorio. Insieme a tanti altri amici che lottano come lui: «Lo Stato non può negarci il diritto alla cura. Vogliamo avere accesso al metodo Stamina».

Lunedì 25 novembre, dopo essere partito all’alba da Brusaporto, Thomas Ghidotti sarà a Roma, in piazza Montecitorio. Insieme a tanti altri amici che lottano come lui: «Lo Stato non può negarci il diritto alla cura. Vogliamo avere accesso al metodo Stamina. Io sono in prima linea, per il mio Nicola, che oggi ha 5 anni. Un bimbo che fino a un anno di vita era sanissimo, senza alcun problema: poi, è stato proprio lo Stato a ridurmelo così, grazie ai suoi programmi vaccinali. E ora mi impedisce di curarlo con le staminali».

Thomas Ghidotti mentre racconta ha in braccio Nicola, e lo imbocca, per fare merenda: è nella cucina di casa «una casa non nostra, siamo ospiti di una parente. La casa che avevamo acquistato la mia compagna e io l’abbiamo venduta, perché era su tre piani e non adattabile per rendere a Nicola la vita più confortevole. Ma altre cose nella nostra vita sono molto cambiate: le spese per Nicola non sono indifferenti, per dargli le cure che riteniamo opportune: le cure omeopatiche che ora seguiamo per il nostro piccolo non possiamo neppure detrarle dal la dichiarazione dei redditi».

Thomas, il papa di Nicola, ha 38 anni e fa il carpentiere, la compagna Eliana di anni ne ha 37 e fa l’impiegata: cinque anni fa l’arrivo di Nicola aveva riempito la loro casa di una gioia immensa. «È nato sano, sempre sorridente, nessun disturbo organico, mai – raccontano all’unisono i genitori – . A un anno d’età, come da prassi ,Nicola viene sottoposto al terzo richiamo del vaccino esavalente. Ed esattamente da quel giorno, non è più stato lo stesso. Da subito ha cominciato ad avere problemi nel tenere eretta la testa, aveva lo sguardo assente, non rispondeva più ai nostri richiami, non sorrideva più. Le sue condizioni sono andate rapidamente peggiorando: vomito, minzione continua, fino alle crisi epilettiche, non parlava, non stava in piedi. Per noi è cominciato il calvario negli ospedali, con i medici che palesemente non sapevano darci una spiegazione. Ma quando parlavamo, tra noi, il sospetto che da subito ci era entrato dentro diventava sempre più una certezza: Nicola era stato ridotto così da quel vaccino». Thomas ed Eliana, raccontano, hanno bussato a tutte le porte per cercare di capire, non si sono tirati indietro davanti a nessun accertamento, a nessun esame: vogliono sapere.

«Abbiamo portato Nicola all’ospedale di Bergamo, poi a Milano, dove è stato ricoverato più volte. Ha fatto esami del liquor cerebrale, del liquor spinale: in realtà, da quanto ci risulta e da quanto abbiamo capito, i medici non individuavano in lui alcuna patologia genetica. Nulla. Abbiamo anche chiesto se ci fossero altri accertamenti da fare fuori dall’Italia, eravamo pronti ad andare ovunque. Ci è stato detto che tutto quello che si poteva fare era stato fatto – ricorda Thomas, e non smette di commuoversi, mentre racconta, sforzandosi di contenere la rabbia – . Nicola però stava sempre peggio: era come ipnotizzato, lo sguardo fisso e assente, le crisi epilettiche sempre più frequenti. Nell’ultimo ricovero ci hanno detto: non c’è niente da fare, e ci hanno dichiarato che Nicola soffriva di una encefalopatia degenerativa progressiva. Noi continuavamo a chiedere di cercare nessi sui danni da vaccino, non abbiamo mai avuto risposta. Ma non abbiamo mai neppure smesso di informarci, con passaparola tra gli amici, sforzandoci di sapere, approfondire, conoscere quanto la scienza poteva fornirci per aiutarci».

Alla fine, quando Nicola aveva già tre anni «ed era ridotto a uno straccio, in stato comatoso, stavamo per perderlo», Thomas ed Eliana decidono di far dimettere Nicola, di portarselo a casa: «Abbiamo deciso che ci saremmo rivolti altrove. Avevamo avuto contatti con un a pediatra prima e poi con un medico esperto proprio sui danni da vaccino, e abbiamo affidato a loro Nicola – continua il papà –. Una dieta speciale lo ha fatto rifiorire grazie all’olio di canapa e alla vitamina D siamo riusciti a eliminargli due farmaci per l’epilessia, i suoi problemi intestinali sono risolti, fa una ginnastica riabilitativa che gli permette di tenere il capo eretto molto più di prima, va all’asilo, e sta imparando a leggere. La nostra vita è totalmente dedicata a lui, ma siamo contenti di non esserci arresi mai. Nicola è ancora con noi».

Oggi Thomas ed Eliana si alternano, insieme ai nonni, per l’assistenza di Nicola: lui utilizza i permessi previsti dalla legge 104 e lei lavora part time, «e anche per gli ausili che servono a Nicola e per la riabilitazione usiamo i nostri risparmi: all’Asl hanno avuto persino il coraggio di dirci che siamo genitori ambiziosi: vogliamo solo che Nicola viva nella condizione di massima dignità».

Thomas, nel frattempo, non smette di raccogliere informazioni su scoperte e nuovi metodi di cura per dare a Nicola altre speranze e così viene a sapere del metodo Stamina. «Ho preso contatti con il Movimento pro Stamina, di cui oggi faccio parte, ho visto filmati che dimostrano che queste infusioni di staminali sono efficaci. So che Nicola potrebbe stare meglio, diversi medici me lo hanno confermato. E così, a maggio, con Eliana abbiamo presentato istanza urgente al giudice per avere accesso alle cure. A luglio le nostre speranze sono state gelate: istanza respinta. Come noi, almeno una ventina di altri casi a Bergamo si sono sentiti dire no. Ma non ci arrenderemo mai, io e la mia compagna andremo anche all’estero, se necessario». Intanto, oggi Thomas sarà in piazza con Movimento pro Stamina, con lui anche una ventina di altri bergamaschi, mentre il caso di Nicola è già finito alla ribalta grazie a uno striscione della Curva Nord dell’Atalanta in suo onore.

«Raccogliamo solidarietà dalla gente comune, ma non dallo Stato: eppure, non chiediamo altro che venga riconosciuto il nostro diritto alla cura, sancito dalla Costituzione. Che strano: oggi dicono che il metodo Stamina non è ammesso perché non esistono riscontri scientifici, eppure prima di questa decisione del ministero le infusioni si facevano. Prima erano efficaci e ora non lo sono più?Non mi pare di chiedere tanto dallo Stato: voglio solo che quello Stato che ha danneggiato mio figlio con il programma vaccinale, e su questo abbiamo già avviato l’iter giudiziario per il riconoscimento del danno, mi permetta di curare Nicola con le staminali. È il minimo».

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