Di Pietro come Cicerone al S. Alessandro

Antonio Di Pietro come Cicerone: il PM più famoso della storia repubblicana recente ha parlato ieri al Collegio Sant’Alessandro su invito della III C del liceo scientifico, da mesi alle prese con il giureconsulto più famoso dell’antichità. Una lezione di diritto e di procedura penale in piena regola, per concludere che il collega attivo ai tempi della morente repubblica romana non c’azzecca nulla con i processi contemporanei. «Perché – ha spiegato Di Pietro - il diritto latino sbilanciava il processo sulla requisitoria e sull’arringa finali, e valevano soprattutto le regole della retorica politica: docere, delectare, flectere. Cioè spiegare il caso, colpire l’immaginazione del pubblico e portarlo dalla propria parte. Oggi il cuore del processo penale è la prova, che condiziona sia la possibilità di passare dalle indagini preliminari al dibattimento, sia lo svolgimento del processo stesso. Il PM ha a che fare con giudici togati, professionisti in grado di scartavetrare l’emotività e andare alla sostanza giuridica del ragionamento». Per cui, ha chiarito, certe sovraesposizioni mediatiche di avvocati difensori sono molto ciceroniane ma poco utili in sede di giudizio. Inevitabile un accenno a mani pulite e tangentopoli . L’ex magistrato ha spiegato ai ragazzi le novità che permisero di raggiungere il risutlato: lavoro di gruppo dei magistrati Di Pietro-Davigo- Colombo ciascuno con ua propria specializzazione, possibilità di avere una banca data su tre anni di illeciti,  tecnica dell’interrogatorio simultaneo di più indagati in rete per evitare passaggi indebiti di informazioni. Insomma, senza computer, nemmeno Cicerone ce l’avrebbe fatta.     (27/05/2008)

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