Eletto nel Pd il consigliere arrestato
Ma pronto a offrir voti alla Moioli

Ernesto Palermo, consigliere comunale a Lecco, arrestato nell’ambito dell’inchiesta sulla ’ndrangheta, secondo i magistrati sarebbe stato eletto con i voti del clan dei Trovato, sarebbe dato da fare per «procurare voti alla candidata Pdl al Consiglio comunale di Milano Moioli Maria Mariolina».

Ernesto Palermo, consigliere comunale di centrosinistra a Lecco, arrestato nell’ambito dell’inchiesta sulla ’ndrangheta, secondo i magistrati sarebbe stato eletto con i voti dei Trovato, clan della ’ndrangheta, e si sarebbe dato da fare anche per «incidere sulla raccolta dei voti e sull’andamento delle consultazioni elettorali locali».

Tanto che in accordo con Mario Trovato, il consigliere «pur appartenendo a diversa forza politica» nel 2011 si offrì di «procurare voti alla candidata per il Pdl al Consiglio comunale di Milano Moioli Maria Mariolina», la bergamasca già assessore milanese alla Famiglia nella giunta Moratti.

Dunque si sarebbe offerto di mettere a «disposizione» della Moioli – che non è indagata per questa vicenda, ma è sotto inchiesta per truffa, falso e finanziamento illecito dei partiti relativamente all’azione dell’assessorato milanese alla Famiglia – il «proprio bacino elettorale e quello di altri politici in collegamento con famiglie calabresi» come Antonio Oliverio, ex assessore provinciale di Milano, e Luigi Calogero Addisi, ex consigliere comunale a Rho (Milano). Oliverio, ad esempio, nel novembre del 2011 contattava Palermo, come si legge negli atti, per «stabilire un contatto politico con l’ex governatore della Calabria Agazio Loiero».

E guardava anche oltre Palermo, quando diceva, intercettato nel maggio 2011, che «si andrà anche alle elezioni governative» e Giuseppe Ennio Morrone, ex parlamentare dell’Udeur, «è un uomo da quindicimila voti (...) E penso che Giovanardi non se lo deve far sfuggire».

Insomma, «quel ramo del lago di Como non è poi così tranquillo»: è a dir poco eloquente il commento del procuratore della Repubblica di Milano, Edomondo Bruti Liberati, riguardo all’inchiesta lecchese. Ancora una volta, come ha precisato Boccassini, questa indagine ha accertato «la sinergia tra reati di criminalità organizzata portati avanti dagli uomini del clan e quelli contro la pubblica amministrazione, come la corruzione e le turbative d’asta». Apprezzamenti per l’operazione lecchese sono venuti ieri anche da Rosy Bindi, presidente della Commissione antimafia.

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