Emergenza case vuote
A Bergamo saranno 2600

È sempre più emergenza case vuote: se si andrà avanti a costruire e a (non) vendere ai ritmi attuali, tra sette anni a Bergamo saranno 2.654 gli appartamenti non utilizzati, con la provincia 61.708.

È sempre più emergenza case vuote: se si andrà avanti a costruire e a (non) vendere ai ritmi attuali, tra sette anni a Bergamo saranno 2.654 gli appartamenti non utilizzati, con la provincia 61.708. Di contro, a fronte dei tagli agli investimenti di settore, è in continuo aumento la domanda di edilizia sociale e di edilizia convenzionata: nel 2018, se non saranno presi provvedimenti, in città mancheranno 6.341 appartamenti sociali (37.838 in tutta la provincia) e 1.707 abitazioni a edilizia convenzionata (8.676 nella Bergamasca).

È la Cisl regionale, con il Sicet (sindacato inquilini), a lanciare l'allarme, attraverso uno studio specifico a cura del dipartimento di Architettura e pianificazione del Politecnico di Milano, che ha preso in esame cinque province lombarde (oltre a Bergamo: Brescia, Como, Pavia e Milano).

Sul territorio le case non mancano, anzi. Il problema è che quelle sul mercato sono inaccessibili per una fetta sempre più larga di popolazione. Ecco perché è necessario cambiare decisamente rotta, sostiene la Cisl con il segretario Gigi Petteni, che ha già proposto alla Regione e all'Anci di trovare soluzioni comuni.

Edilizia sociale, punto debole Tanti i punti deboli del sistema individuati dagli esperti, coordinati dal professor Antonello Boatti. «Occorre un'inversione di tendenza – si legge nelle conclusioni della ricerca – favorendo il rilancio degli interventi edilizi non solo residenziali, ma dedicati alle attività produttive e un riequilibrio di quelli destinati alla residenza, aumentando fortemente la produzione di edilizia sociale». Un settore nel quale siamo in fondo alla classifica europea: in Italia le abitazioni pubbliche sono il 4,5% del totale, nei Paesi Bassi il 34,6, in Svezia il 21, in Danimarca il 20, in Francia il 17. Nello studio si nota che «l'housing sociale da solo può rispondere in parte alla domanda di edilizia convenzionata e solo molto marginalmente a quella di edilizia sociale». Per questo Boatti propone di utilizzare l'esproprio (ma regolato da una legislazione efficiente) anche per interventi di edilizia pubblica residenziale, altrimenti gli amministratori pubblici dovranno sempre «rivolgersi con il cappello in mano ai privati per ottenere quote di edilizia sociale».

Nel frattempo ci si confronta con la progressiva riduzione del fondo sociale per l'affitto nazionale (- 41% dal 2000 al 2006) e con l'incremento del 148% delle domande di contributo. Il nodo degli immigrati Durante la presentazione dello studio si è parlato anche di uno dei temi caldi della politica della casa in Lombardia, quello degli immigrati. La ricerca ha evidenziato infatti ciò che è già noto, cioè che la domanda prevalente proviene da cittadini stranieri.

Secondo le previsioni degli esperti l'invenduto aumenterà in modo esponenziale se non si favorirà un riequilibrio degli interventi edilizi destinati alla residenza. Nel 2018 nella Bergamasca ci sarà dunque un eccesso di offerta sul mercato libero di 135.758 vani, pari a 61.708 abitazioni. In città saranno 2.654. In proporzione, si legge nella ricerca, in Lombardia «la provincia vuole crescere più del capoluogo». E nella Bergamasca ancora di più, tanto che l'offerta di abitazioni tra il 2002 e il 2008 (91.852 vani) è circa la metà di quella di Milano (ma la popolazione è di circa un quarto). A testa ci sono 6,5 metri La Lombardia consuma suolo in misura sette volte maggiore del resto d'Italia.

In particolare, a Bergamo, si consumano 634 ettari all'anno. In pratica è come se ogni bergamasco occupasse 6,5 metri quadrati a testa ogni anno. Considerando che il 52% delle costruzioni è residenziale, si nota come le case contribuiscano in maniera significativa al consumo del suolo.

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