Giardino dei Giusti, c’è Roncalli
Un cippo in sua memoria

Storie di coraggio e di straordinaria umanità. Sono quelle di laici e religiosi che si sono intrecciate nell’unico fine e nell’unica responsabilità: contrastare e battersi contro ogni persecuzione razziale. Nel Giardino dei Giusti ora anche Papa Giovanni.

Storie di coraggio e di straordinaria umanità. Sono quelle di laici e religiosi che si sono intrecciate nell’unico fine e nell’unica responsabilità: contrastare e battersi contro ogni persecuzione razziale. I loro nomi sono incisi nei cippi di pietra accanto ad alberi di pruni e ciliegi da fiore che punteggiano il Monte Stella di Milano. È qui il Giardino dei Giusti.

Ed è qui che giovedì mattina la città lombarda ha celebrato la seconda Giornata europea dei Giusti, istituita nel 2012 dal Parlamento di Strasburgo su proposta di Gariwo, la foresta dei Giusti in ricordo di quanti hanno salvato vite e difeso la dignità umana durante i genocidi e i totalitarismi in tutto il mondo.

Sei i nuovi alberi piantumati e fra questi uno dedicato a Giovanni XXIII. Accanto a questo, i cippi e le piante per Nelson Mandela, l’ex presidente sudafricano che lottò contro l’apartheid, Beatrice Rohner, che dedicò la vita a strappare al genocidio i bambini armeni in Turchia nel 1915-1916, Giuseppe Sala, Fernanda Wittgens e don Giovanni Barbareschi, milanesi che soccorsero gli ebrei durante la Shoah e altri perseguitati dai nazisti.

È toccato a Marco Roncalli, pronipote del pontefice bergamasco, nonché Presidente della Fondazione Papa Giovanni XXIII, tracciare un breve profilo del prossimo Santo, ricordando il ruolo svolto nel salvataggio di numerosi ebrei a Istanbul, scampati dallo sterminio nazista. Ma Roncalli ha voluto anche allargare il concetto di «Giusto» non solo a coloro che si sono adoperati contro la barbarie nazista, ma anche a quanti si sacrificarono per la causa degli armeni, oppure nei lager e nei gulag, e ancora contro gli orrori delle pulizie etniche dalla Cambogia al Rwanda, all’ex Jugoslavia: «Il Novecento - ha chiosato - nasconde tante esperienze di altri Giusti».

Le parole del presidente della Fondazione Papa Giovanni sono state precedute da quelle del sindaco Giuliano Pisapia. «Questo luogo - ha detto il primo cittadino di Milano -rende più solide le basi su cui fondare il nostro futuro».

«Le persone a cui oggi dedichiamo un cippo e un albero hanno lasciato un segno indelebile nella storia del nostro Paese e in quella del mondo intero - ha dichiarato ancora Pisapia -. Persone che hanno affermato con l’esempio di tutta la loro vita il valore dell’azione individuale nel combattere la violenza e la sopraffazione».

«Giovani innamoratevi della libertà» è stata invece l’esortazione di don Barbareschi alle scolaresche assiepate al Monte Stella. Tra gli intervenuti, anche Clarence Seedorf che ha ricordato il suo incontro con Mandela. «Nessuno nasce razzista - ha esordito -, i bambini nascono con il cuore pulito e noi dobbiamo mantenerlo così il più possibile». Con l’ex calciatore e ora allentatore del Milan anche Sello Hatang, presidente della Nelson Mandela Foundation.

Seedorf ha poi aggiunto: «Bisogna smettere di parlare di antirazzismo e cominciare a parlare di integrazione». E rivolgendosi ai ragazzi: «La cultura è importante, ma oltre ai libri bisogna utilizzare lo sport per far crescere i giovani, insegnargli a collaborare e a saper perdere».

In rappresentanza del cardinale Angelo Scola, ha portato il suo saluto il vescovo ausiliare Erminio De Scalzi. A seguire le testimonianze di Basilio Rizzo, presidente Consiglio comunale, Gabriele Nissim, presidente Gariwo, Giorgio Mortara, delegato Ucei, Pietro Kuciukian, console d’Armenia, Sargis Ghazaryan, Ambasciatore della Repubblica d’Armenia, Claudio Sala, nipote di Giuseppe Sala, Sandrina Bandera, direttore Pinacoteca di Brera e don Giovanni Barbareschi.

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