Gli ultrà e la Bèrghem Fest di Alzano
Eravamo lì per una contestazione pacifica

«Volevamo contestare rumorosamente ma in maniera pacifica contro l’allora ministro Maroni sulla tessera del tifoso».

E le auto date alle fiamme? «Frutto dell’ignoranza di qualcuno, noi non siamo stati, non abbiamo visto nulla perché ce n’eravamo andati, né abbiamo saputo dopo chi è stato». Il «Bocia» (Claudio Galimberti, il capo della Curva)? «Era andato via anche lui. Non è il capo, solo una persona carismatica».

Nessuno ha visto, nessuno ha saputo (neppure nei giorni successivi) come sono andate veramente le cose. È unanime la versione dei fatti resa da cinque ultrà imputati (con altri 142, a vario titolo) nel maxi processo contro il tifo violento, sentiti giovedì in aula in merito ai fatti di Alzano Lombardo del 25 agosto 2010, per i quali devono rispondere di radunata sediziosa e danneggiamento.

Tutti davanti al giudice Maria Luisa Mazzola hanno descritto il corteo pacifico e le ragioni della contestazione, nessuno ha saputo chiarire nulla riguardo a genesi, dinamica e protagonisti dell’epilogo violento. Eppure quella sera, a margine della Bèrghem Fest a cui intervenivano tre ministri (Maroni, Tremonti e Calderoli), sono state incendiate quattro auto (di cui una dei vigili) cinque motocicli parcheggiati e ferito un ispettore di polizia, in uno scenario da guerra civile più che da civile manifestazione.

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