I siriani sull’autostrada A4
l’Iraq e il dramma in casa

di Andrea Valesini

Una drammatica razionalità lega quello che sta accadendo in Siria con il fermo di tre furgoni carichi di profughi siriani lungo l’A4 in territorio bergamasco. In Medio Oriente la situazione è fuori controllo.

Una drammatica razionalità lega quello che sta accadendo in Siria con il fermo di tre furgoni carichi di profughi siriani lungo l’A4 in territorio bergamasco. In Medio Oriente la situazione è fuori controllo, come certifica proprio in queste ore ciò che sta accadendo in Iraq: metà del Paese liberato undici anni fa dalla presenza di Saddam Hussein è ora nelle mani dell’Isis, una sigla degli jihadisti che punta - e a questo punto è molto vicina - a realizzare un califfato mettendo insieme territori iracheni e siriani già conquistati.

Almeno mezzo milione di persone sono ora in fuga da questa deriva estremista, un impasto di ideologia religiosa e di violenza settaria. Chi non si omologa alla pretesa purezza è spinto ad andarsene, vittima della pulizia etnica. L’Iraq precipita, e la Siria già da troppo tempo è finita nel gorgo di un conflitto dimenticato, che ha prodotto profughi a frotte.

In mezzo a questo quadro devastante, che sta mettendo a rischio la stabilità di un’area strategica anche per l’Europa- ai confini tra Turchia, Siria e Iraq - la fuga di chi vuole la vita salva è l’unico atto razionale e umano.E su questa attesa stanno lucrando le organizzazioni criminali che fatturano miliardi di dollari e di euro sull’immenso dramma. Organizzazioni abili a studiare la situazione dei territori e ad inserirsi nel vuoto lasciato dalle organizzazioni internazionali come l’Onu e l’Unione europea, prodighe di parole ma non di azioni finalmente efficaci.

Ma quelle organizzazioni non sono entità astratte, bensì la somma delle volontà dei singoli Stati aderenti, che non esprimono un sussulto a difesa della dignità umana di vittime ignote ma rispondono ad altre logiche, di convenienza politica o economica e di ricerca del consenso popolare. Ma se non ci occupiamo del mondo tenendo conto di tutti i fattori in gioco, il mondo comunque si occupa di noi approdando fin sulle nostre autostrade. Da tempo le organizzazioni umanitarie chiedono invano l’apertura di canali legali per l’accoglienza temporanea di chi scappa dalle guerra, anche per sottrarre questa umanità di senza patria ai mercanti. Che intanto fanno il loro lavoro coprendo i vuoti.

Da gennaio 52 mila immigrati sono sbarcati sulle coste del Sud Italia ma solo 21 mila hanno presentato domanda d’asilo. Il regolamento di Dublino impone che venga fatta nel primo Paese d’ingresso in Europa e chi punta altrove non la presenta in Italia. Quindi almeno 31 mila immigrati hanno transitato sul territorio italiano diretti altrove. I trafficanti d’uomini hanno allestito un servizio che risponde a questa domanda attraverso gli «scafisti su strada». I primi a fiutare il nuovo affare sarebbero organizzazioni di romeni e nordafricani che hanno verificato la disponibilità economica di famiglie siriane benestanti a pagare fino a mille euro a persona per raggiungere la Germania e il Nord Europa, dove hanno una comunità pronta a dargli accoglienza e le norme sui rifugiati sono più generose. La clientela viene contattata all’arrivo dei treni dal Sud Italia, come è successo ai mille accampati alla stazione di Taranto e dei quali si sono perse le tracce.

L’Italia finora ha sostenuto con grande impegno (economico e umano) l’operazione «Mare nostrum», che in otto mesi ha salvato 38 mila migranti dalle minacce del Mediterraneo e arrestato 232 scafisti. La maggioranza di quei migranti arrivano dall’Africa centrale: nei giorni scorsi i vescovi cattolici dell’Eritrea hanno lanciato un appello a tutti i governi perché agiscano per mettere fine alla «tratta di esseri umani, tragedia inaccettabile col grado di progresso raggiunto nel mondo». Tratta che nel solo Corno d’Africa in 5 anni ha coinvolto 30 mila persone (10 mila hanno perso la vita). È l’ennesimo grido di dolore che rischia di cadere nel vuoto.

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