Il cappellano del carcere Resmini
«Bossetti mi chiede conto di Dio»

«Quell’uomo mi chiede conto di Dio, e io non posso negarglielo». Don Fausto Resmini, cappellano del carcere di Bergamo, è l’unica persona a poter incontrare ogni giorno Massimo Bossetti, in cella di isolamento da oltre due mesi perché sospettato dell’omicidio di Yara Gambirasio.

«Quell’uomo mi chiede conto di Dio, e io non posso negarglielo». Don Fausto Resmini, cappellano del carcere di Bergamo, è l’unica persona a poter incontrare ogni giorno Massimo Bossetti, in cella di isolamento da oltre due mesi perché sospettato dell’omicidio di Yara Gambirasio.

In un’intervista sul nuovo numero di Credere, in edicola domani, don Resmini rivela come il muratore di Mapello trascorre le sue giornate e dichiara: «Chiede che si interceda per sé e i familiari, i suoi figli e - com’è tradizione - le persone cui non pensa nessuno. Poiché si dichiara innocente, prega anche per la soluzione positiva del caso che lo vede coinvolto».

Il sacerdote spiega che cosa vuol dire stare accanto a persone che hanno commesso delitti efferati, come si può accompagnarli spiritualmente, parlando di misericordia, giustizia, pentimento e reinserimento nella società.

«Che sia innocente o colpevole, a me è affidato un uomo. E in nome del Vangelo io mi incontro con un uomo. Indipendentemente da come è dipinto dalla stampa, da come è visto dal magistrato, da come è trattato dall’amministrazione carceraria, da come finirà quest’ indagine. E in quest’uomo, ora il più indesiderato e scomodo, io devo dare ascolto alla sua richiesta d’aiuto, camminare insieme a lui, anche sfidando il pregiudizio».

Spiega il direttore di Credere, don Antonio Rizzolo: «Lo dico chiaramente: noi di Credere non intendiamo entrare a gamba tesa in una difficile indagine in corso. Non siamo innocentisti o colpevolisti. E’ fondamentale rispettare il lavoro degli inquirenti e della magistratura. Nell’intervista a don Fausto c’è qualcosa di diverso, il racconto del mistero di un’anima e la riflessione sull’anima di ciascuno di noi, che aspira al bene, al bello, al cielo e spesso si trova avvolta dal male, sporcata e ferita». Nell’articolo, anche un commento del parroco della famiglia Gambirasio, don Corinno Scotti.

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