Il vescovo Beschi: le vite dei santi
ci narrano la fede e la bontà di Dio

Nella festa di Tutti i santi il vescovo monsignor Francesco Beschi ha presieduto sabato mattina in cattedrale la solenne celebrazione eucaristica, accompagnata dal canto della Cappella musicale del duomo.

È la festa in cui la Chiesa rende lode e grazie al Signore per il dono delle esistenze di uomini e donne che hanno percorso le strade della vita nel mondo. «In questo giorno - ha detto il vescovo nell’omelia - preghiamo e guardiamo quelle figure particolarmente luminose che sono i santi, che con la loro vita ci narrano la bontà di Dio e la fede in lui. Questa festa mette in rilievo l’unicità, la particolarità e l’originalità di ogni esistenza umana e di ogni santità. Ogni religione ha i suoi santi e ogni società ha i suoi santi, uomini e donne di cui è stata riconosciuta la virtù. La loro vita è stata esemplare anche per la loro familiarità con Dio. Sono ponti fra l’umanità e Dio».

Il vescovo ha ricordato come in questo anno la Chiesa abbia vissuto una gioia particolare nel riconoscimento della santità di Papa Giovanni XXIII e di Papa Giovanni Paolo II e, il mese scorso, con la beatificazione di Papa Paolo VI. Un pensiero particolarmente profondo del vescovo è andato ai martiri.

Nel pomeriggio monsignor Beschi ha raggiunto la chiesa del Cimitero monumentale per la celebrazione eucaristica in suffragio dei defunti della città. Accanto a lui molti sacerdoti delle parrocchie cittadine. Nei banchi anche le autorità: il sindaco Giorgio Gori, il prefetto Francesca Ferrandino, il consigliere provinciale Pasquale Gandolfi, oltre alle autorità militari. Una chiesa gremita che ha raccolto la preghiera della città e di quanti ricordano i loro cari scomparsi. Monsignor Beschi ha colto il silenzio profondo che attraversava la chiesa e abbracciava i viali e le tombe del cimitero. «I nostri cari ci parlano nel silenzio e con il silenzio. – ha detto nell’omelia –. Il silenzio dei morti è eloquente: in esso le parole della vita si fanno essenziali, ci restano quelle che hanno toccato la nostra esistenza. In questo silenzio ci lasciano in eredità la storia della nostra famiglia, della nostra città, del lavoro dell’uomo e anche dei campi di battaglia».

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