Il Vescovo: non sacrificate la famiglia per il lavoro

Il lavoro come luogo di dignità umana, solidarietà e costruzione di pace. Il ricordo della «lista rossa» di morti e feriti sul lavoro. Un allarme: per scelte economiche aziendali o personali, l’eccessivo spazio dato al lavoro sacrifica la famiglia e soprattutto l’educazione delle giovani generazioni.

Sono i punti toccati dal vescovo Roberto Amadei nella concelebrazione eucaristica diocesana del 1° maggio, festa del Lavoro, svoltasi nella Legler di Ponte San Pietro, nel vicariato dove il vescovo è in visita pastorale. Erano presenti settecento persone fra dirigenti e maestranze.

«In questa Eucarestia - ha esordito il vescovo all’omelia -, sentiamo vicino tutto il mondo del lavoro della Bergamasca. Il primo pensiero va ai lavoratori, vicini e lontani, che non possono celebrare questa festa perché senza lavoro oppure rischiano di perderlo. Non dimentichiamo mai che qualsiasi lavoro è un luogo fondamentale dove si costruisce la dignità e la personalità umana, si ricava il reddito per vivere e si crea la partecipazione libera e responsabile nella società. Tutti, nessuno escluso, devono impegnarsi concretamente affinché il lavoro umano non diventi una variabile dipendente dai fattori economici o interessi particolari. L’uomo deve stare al centro di ogni iniziativa economica, di ogni strategia industriale e della costruzione della convivenza sociale. Il vero progresso della società sussiste soltanto mettendo al centro l’uomo».

Dopo aver ricordato il magistero pontificio sul lavoro, monsignor Amadei ha onorato «il triste elenco di chi ha perso la vita oppure è rimasto ferito nel lavoro. Affidiamo al Signore i morti sul lavoro. Preghiamo per i loro familiari, perché abbiano la forza di continuare nonostante l’assenza dei loro cari. Preghiamo per chi è stato segnato per sempre da incidenti sul lavoro, perché possa avere coraggio e speranza per continuare a sentirsi utile. Preghiamo perché tutti si impegnino a interrompere la lunga lista rossa di morti e feriti sul lavoro».

Il vescovo ha poi lanciato un allarme. «Oggi, per scelte economiche aziendali o personali, il lavoro rischia di sacrificare la famiglia, gli affetti, il dialogo di coppia e soprattutto l’educazione delle giovani generazioni. È urgente affrontare il problema del rapporto fra lavoro e famiglia, che condizionerà in negativo il futuro prossimo della nostra società. Anche per questo motivo le giovani generazioni si stanno impoverendo di affetti e valori e crescono senza l’indispensabile presenza dei genitori. Nessuno può sostituire il dialogo tra genitori e figli. Nessuno può riempire il cuore dei figli reso vuoto dall’eccessivo asservimento dei genitori al lavoro. Se veramente vogliamo essere responsabili per i nostri figli e per chi verrà dopo di noi - ha detto con forza monsignor Amadei - è necessario che le autorità politiche e tutti, nessuno escluso, si impegnino a risolvere questo problema, che è uno dei più gravi della società e non ancora adeguatamente affrontato. In caso contrario, lasceremo molto benessere materiale, ma anche una spaventosa povertà di cuore e di valori. Non lasciamoci traviare dalle apparenze: già da oggi, guardando le giovani generazioni, si vede lo scontro in atto tra famiglia e lavoro».

La festa del Lavoro deve essere segno di solidarietà. «Ieri era un fatto più spontaneo - ha proseguito il Vescovo -, mentre oggi si fatica a riscoprirla nel mondo del lavoro. Solidarietà significa sentire come propri i problemi degli altri, della propria azienda, della società e della famiglia umana. Non basta gridare o manifestare per dirsi responsabili e solidali».

Infine, un pensiero sulla pace, tema della festa di quest’anno. «La pace è fragile, proclamata da tutti, costruita da pochi. Quarant’anni fa, il Beato Papa Giovanni ci ha regalato il suo cuore solidale nella "Pacem in terris". Il Beato Papa Giovanni ci aiuti a essere costruttori di pace e a seminare e speranza, doni di Cristo Risorto. Mettiamo le nostre preghiere nelle mani di Maria, in questo mese di maggio a lei dedicato».

Durante la Messa, al vescovo è stata donata una navetta di un vecchio telaio con la scritta-ricordo della celebrazione.

(02/05/2003)

Su L’Eco di Bergamo del 03/05/2003

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