Cronaca
Giovedì 28 Agosto 2008
In mostra a Gorle le fotografie di Della Vite
La recensione di Lino Lazzari
«Una vita per la fotografia» è il titolo della mostra organizzata dal Circolo Culturale Greppi di Bergamo per rendere omaggio al decano dei fotografi bergamaschi, Rinaldo Della Vite, 82 anni. da sabato 30 agosto nel salone della biblioteca comunale di Gorle saranno esposte 250 sue fotografie, fino a domenica 7 settembre.Queste 250 immagini non sono che una minima parte dell’eccezionale archivio di oltre centomila fotografie che Della Vite ha ordinato nella sua abitazione in via Cameroni, un quieto quartierino tra via Baioni e la Morla.La mostra è anche una lunga vicenda personale scandita da incontri, esperienze, stati d’animo di Rinaldo Della Vite, la cui attività ebbe origine proprio da un viaggio. Siamo nel 1962. Con la fotografia non era alle prime armi. Aveva già la passione nel sangue: ritratti, panorami, soggetti inquadrati a Bergamo e nella Bergamasca (soprattutto nelle vallate), incontri con altri autori, partecipazione a concorsi e rassegne fotografiche. Ma non era mai uscito, o quasi, da uno stretto ambito locale.L’occasione gli si presentò da un invito in Basilicata, che allora era veramente il «profondo Sud». Un mondo a parte, con i tempi, le tradizioni, la cultura di una terra antica. Della Vite ne restò affascinato. Avvertì la possibilità di raccontare non una storia, ma una «civiltà». Fotografò con grande sensibilità e partecipazione la vita di uomini e donne che gli si presentavano con una dignità innata. Da questo viaggio uscì uno straordinario fotoreportage che fu accolto come una forte testimonianza di quel neorealismo italiano che stava facendo scuola nel campo della fotografia e del cinema. Per Rinaldo Della Vite fu un’esperienza unica.Se nella mostra di Gorle il reportage sulla Basilicata riveste un ruolo importante, non sono da meno gli «scatti» nelle valli bergamasche, che negli anni Sessanta stavano per essere coinvolte da trasformazioni profonde. Un mondo antico come al Sud e altrettanto vulnerabile. Della Vite si è fatto conoscere a livello nazionale con il suo reportage del 1962, ma la sua sensibilità, la poesia, l’amore per il «mondo dei semplici», ne caratterizzano l’attività fin dagli inizi. Appartiene agli anni Cinquanta la serie di scatti sulla «domenica del pastorello» (1958), mentre le prime immagini sulla valle Imagna risalgono al 1954, oltre mezzo secolo fa. Fotografie che fanno riflettere sulla vita e sull’ambiente delle nostre montagne di allora e sulle profonde trasformazioni intervenute. Non a caso il Centro Studi Valle Imagna ha raccolto e presentato nel bel volume «Bergamì», uscito nel 2001, questa importante, e per certi versi unica, documentazione.Altre immagini di quel periodo appaiono costruite già come un racconto. Ne è un esempio la serie sulle olimpiadi scolastiche di Valtorta, nel 1962. Non è da meno la bella sequenza sull’ordinazione sacerdotale di qualche anno più tardi. Nel frattempo Della Vite ha avuto occasione di seguire il pellegrinaggio in Terra Santa di Paolo VI: un reportage rigoroso, intenso, al quale l’uso del bianco e nero, con i forti contrasti di luci e di ombre, dà una impronta particolare.Nella mostra viene presentata anche una serie di ritratti nei quali si intuisce che il fotografo è in grado di «dissimulare» completamente la propria presenza. Ma il soggetto non è mai estraneo al mondo di chi sta dietro l’obiettivo. La sensibilità di Rinaldo della Vite è condivisione. Dalla bambina che sgranocchia il suo pezzo di pane (non siamo ancora alle brioches o ai pasticcini) al ragazzo (Giorgio) accanto alla gabbia, alla bellissima Daniela con il gattino; ma c’è anche la sequenza del carnevale dedicato a Charlot (1962) che anticipa l’intensa indagine sul folclore e sulle feste popolari in Lombardia.Definito l’«ultimo grande fotoamatore bergamasco del secolo scorso», Rinaldo Della Vite ha ricevuto importanti riconoscimenti per la sua attività: nel 1983 Accademico benemerito dell’Accademia Internazionale dell’Arte Fotografica; nel 1989 proclamato Maestro della fotografia italiana dalla Fiaf che nel 2001 gli ha dedicato, «Autore dell’anno», una importante monografia. Ma al di là di riconoscimenti e qualifiche la mostra di Gorle non è da perdere: bellissime immagini, documenti si cui riflettere, ma soprattutto lezione di vita per una passione unica.(28/08/2008)
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