La Lectio del cardinale Capovilla
45 minuti di ricordi. E una lacrima

di Emanuele Roncalli

«Dovete compatire la mia emozione profonda, irrefrenabile». Il neo cardinale Loris Francesco Capovilla, al termine della celebrazione di imposizione della berretta cardinalizia non trattiene la commozione. Una lacrima sfiora la guancia dell’anziano segretario di Giovanni XXIII.

«Dovete compatire la mia emozione profonda, irrefrenabile». Il neo cardinale Loris Francesco Capovilla, al termine della celebrazione di imposizione della berretta cardinalizia non trattiene la commozione. Una lacrima sfiora la guancia dell’anziano segretario di Giovanni XXIII. Fra la gente che ci accompagna quel pianto composto. E chi grida «Bravo Loris».

A 98 anni il «modesto contubernale di Papa Giovanni» come ama definirsi Capovilla, ha richiamato attorno a se gli occhi di centinaia di persone, che lo hanno ascoltato in religioso silenzio per 45 ininterrotti minuti e poi applaudito lungamente.

L’altare della chiesa di Sotto il Monte ieri è diventato la cattedra di una Lectio Magistralis, ma anche scrivania marmorea dove il neoporporato ha pronunciato una sorta di testamento spirituale. Né non sono mancati toni più familiari, scanditi da Capovilla come il prete di campagna accanto al caminetto di casa. Come sempre intriso di dotte citazioni e rimandi evangelici, Capovilla, nel suo discorso, ha ceduto alla tentazione di parlare ancora una volta più di Papa Giovanni che di sè. Fino a sorprendere l’uditorio.

Così è stato quando ha parlato della genesi della definizione di Giovanni XXIII , Papa della bontà. «Esplose il 7 marzo 1963 nella parrocchia di San Tarcisio al Quarto Miglio, quando il Papa la visitò in piena campagna elettorale. I segretari dei partiti in lizza decisero di coprire tutti i manifesti propagandistici con teli bianchi e la scritta: “Evviva il Papa buono”».

Capovilla - che ha esordito salutando le sue genti di Venezia, Roma, Chieti, Loreto e Bergamo - ha spiegato il «segreto del successo di Papa Roncalli» che «sta nella matrice tradizionale, ma dinamica della sua formazione e cultura ecclesiastica, nell’apparente paradosso tra severo conservatorismo e umana ed evangelica apertura». «E’ stato un prete all’antica - ha aggiunto .- abbarbicato nel terreno solido della rivelazione cristiana. Volle essere il prete segnato a fuoco dalla familiarità con Cristo».

Capovilla non poteva tuttavia non tratteggiare un affresco della sua vita: «Mi sono sentito attratto al sacerdozio sin da ragazzo, cresciuto nella provincia veneta in una famiglia priva di censo e senza storia, ma cristiana quanto bastava». Poi i ricordi sereni «in parrocchia a Venezia fra i ragazzi dell’Azione Cattolica, a Parma tra gli avieri». E del decennale servizio a Papa Giovanni: «Mi punge il rimorso di non essere penetrato addentro nel segreto della sua “povertà di spirito”»

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