La suora di Papa Giovanni:
«Ci chiamava i suoi angeli»

Gli «angeli» di Giovanni XXIII. Così il Papa definiva le tre religiose dell’Istituto delle Poverelle, una bergamasca e due bresciane, che prestavano servizio nell’appartamento pontificio. Suor Nazarita Bosio è ancora viva.

Gli «angeli» di Giovanni XXIII. Così il Papa definiva le tre religiose dell’Istituto delle Poverelle, una bergamasca e due bresciane, che prestavano servizio nell’appartamento pontificio. Suor Primarosa Perani di Fiobbio e suor Saveria Bertoli di Lumezzane sono morte alcuni anni fa. L’ultima testimone d’eccezione di quel quinquennio in Vaticano accanto al futuro Santo è suor Nazarita Bosio di Timoline Cortefranca, che ora lavora nell’istituto a La Storta, sulla Cassia, alla periferia della capitale.

«Siete state i miei angeli. Mi avete servito con amore, ci disse Papa Roncalli agonizzante - ricorda suor Nazarita -. Conservate il vostro spirito come voleva il vostro fondatore nell’umiltà e nella semplicità». Suor Primarosa era già in servizio dal Patriarca, e lo seguì a Roma dopo l’elezione occupandosi delle sue cose personali: i vestiti, la sagrestia, l’archivio fotografico. «A lei - continua suor Nazarita - parlava di Bergamo. Citava spesso il prevosto Tommaso Carrara, parroco per oltre 30 anni a Fiobbio».

Cosa la colpiva di Papa Giovanni?

«I suoi esempi di fede, di pietà, di carità e di umiltà che camminano insieme nella vita dei Santi. E poi la sua spiritualità che si scopre nel “Giornale dell’anima”».

C’è qualche brano che ricorda?

«Sì, nelle sue note nel 1902 scriveva: “Devo annientarmi nel cuore di Gesù. La via che io devo battere e che fa proprio nel caso mio è l’umiltà. Devo camminare diritto per questa strada e non voltarmi mai indietro. Le mie battaglie oggi sono accese contro l’amor proprio”. Parole che ha messo in pratica».

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