Lettori universitari in causa da 10 anni

Sono ventuno all’Università di Bergamo e millequattrocento in tutta Italia. Chiedono stipendi decenti (con 35 anni di anzianità guadagnano circa mille euro netti al mese) e il riconoscimento di essere insegnanti a tempo pieno. L’Europa gli ha dato ragione e il 5 marzo scorso ha condannato l’Italia a pagare una multa di 310 mila euro al giorno fino a che non saranno messi in regola. Lo Stato tergiversa, le Università fanno con loro il tiro alla fune giudiziario da una decina d’anni (sono mille i ricorsi aperti in tutta Italia) mentre la riforma degli atenei non li nomina neppure. Sono i lettori di madrelingua straniera. All’Università di Bergamo sono presenti alle facoltà di Lingue, Ingegneria, Economia: dodici sono vecchi lettori e nove sono nuovi collaboratori ed esperti linguistici, ma il lavoro è lo stesso.

All’estero sono laureati che trascorrono un paio d’anni in università offrendo agli studenti l’esperienza della lingua viva. Un ruolo leggero, un’esperienza professionale temporanea. «In Italia invece – dice Susanna Perzolli, lettrice di inglese – l’insegnamento della lingua è affidato quasi esclusivamente ai lettori di madrelingua straniera. Le nostre attività comprendono: svolgimento dei corsi per l’apprendimento e il perfezionamento della lingua orale e scritta; preparazione e aggiornamento dei materiali didattici, preparazione degli esami scritti, assistenza agli esami e correzione degli elaborati; svolgimento delle prove orali; ricevimento studenti. Nonostante ciò, non facciamo più parte del corpo docente dal 1995, quando il primo contratto collettivo per la categoria è riuscito a declassarci da docenti a personale tecnico-amministrativo, cancellando con ciò i diritti relativi all’attività svolta in precedenza».

La questione della collocazione professionale dei lettori ha pesanti risvolti economici per gli atenei. Se i lettori rientrano nel personale docente a tempo pieno, le università devono pagarli molto di più e, in regime di autonomia, non è certo che lo Stato trasferirà loro il denaro necessario. Inoltre, se il punto d’arrivo della riforma è ricorrere all’«outsourcing» a carico dello studente per l’insegnamento generale della lingua, il lettore «all’italiana» diventa una figura accademica imbarazzante e da eliminare.

I lettori hanno impugnato la legge e la Corte di giustizia dell’Unione europea il 26 giugno 2001 ha ordinato all’Italia di ricostruire il contratto di ogni lettore dal primo giorno di lavoro, in base al principio che l’Italia ha violato l’articolo 39 del Trattato europeo, che vieta la discriminazione sulla base della cittadinanza. La megamulta europea del marzo scorso è dovuta all’inadempienza dell’Italia e si basa sul fatto che, mentre a un lavoratore di nazionalità italiana è data la possibilità di scegliere tra tempo pieno e tempo definito e che i diritti acquisiti sono riconosciuti, da questo trattamento sono esclusi i lettori, cittadini stranieri.

Anche a Bergamo da dieci anni i lettori hanno un ricorso aperto con l’università, che ha già passato due gradi di giudizio ed è in attesa della sentenza da parte della Corte di Cassazione. La sentenza di primo grado del Tribunale di Bergamo è del 25 febbraio 1999 e stabilisce che i ricorrenti svolgono lavoro subordinato a tempo indeterminato dell’inizio della prestazione lavorativa con qualifica di lettore, stipendio equiparato a quello di ricercatore confermato e la nullità del declassamento a collaboratore ed esperto linguistico. La sentenza della Corte d’appello di Brescia dell’8 novembre 2001 ha confermato l’«unico rapporto subordinato a tempo indeterminato, con qualifica e mansioni di lettore dall’inizio della prestazione lavorativa al 31 dicembre 1993» con lo stipendio equiparato al ricercatore confermato fino a questa data. Ma dichiara anche «la legittimità dell’inquadramento dal 1° gennaio 1994 nella nuova figura di collaboratore ed esperto linguistico». I lettori sono ricorsi in Cassazione e sono in attesa della sentenza definitiva.

(13/04/2004)

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