Lo Spirito del Pianeta a Roma
I Masai di Chiuduno dal Papa

Papa Francesco, all’interno del discorso dell’udienza di mercoledì 21 maggio, ha incontrato i rappresentanti de Lo Spirito del Pianeta di Chiuduno, abbracciando idealmente i popoli di tutto il mondo.

Partita a piedi giovedì scorso da Chiuduno, è finita mercoledì 21 maggio con l’abbraccio di Papa Francesco in piazza San Pietro la marcia di 900 chilometri lungo lo Stivale organizzata da «Lo Spirito del Pianeta», la kermesse che porta in Italia la cultura, i suoni e le tradizioni dei popoli indigeni e che torna da venerdì 30 maggio al 15 giugno al polo fieristico di Chiuduno.

Obiettivo della marcia, insieme al gruppo dei «Teremocc» di Terno d’Isola, la consegna di un documento alle autorità dove i podisti hanno fatto tappa, per chiedere l’inserimento nei regolamenti comunali di due punti: il rispetto per le popolazioni indigene e per la Madre Terra. «L’ambiente non più come un oggetto – spiega Ivano Carcano, organizzatore del festival – ma come un soggetto legalmente tutelato». Dopo aver fatto tappa in alcuni dei luoghi simbolo dei disastri ambientali - da Seveso a L’Aquila -, la marcia è arrivata in Vaticano, ieri all’udienza del mercoledì dal Santo Padre. Che ha dedicato gran parte del suo discorso agli stessi temi della marcia: «Se distruggiamo il Creato, il Creato ci distruggerà – ha detto –. C’è il rischio di considerarci padroni del Creato, ma il Creato non è una proprietà di cui possiamo spadroneggiare a nostro piacimento, né tanto meno è proprietà di alcuni, solo di pochi, il Creato è un dono meraviglioso datoci per tutti, perché lo usiamo per tutti sempre con grande rispetto e gratitudine».

A raccontare l’esperienza di un incontro unico - poi ripreso dai telegiornali di tutta Italia - è Simayai Susan Muteleu, la principessa Masai che nel 2012 ha sposato l’organizzatore de «Lo Spirito del Pianeta» (e ora con lui abita a Pontida), in Vaticano con i marciatori bergamaschi e con i rappresentanti di altri popoli indigeni: gli Aztechi, gli indiani Cheyenne e i Tuareg del Niger. «Avevamo preso i biglietti per partecipare all’udienza, poi siccome siamo molto “visibili” con i nostri costumi tradizionali, ci hanno chiesto di entrare sul sagrato, dov’è arrivato Papa Francesco. Io mi sono avvicinata, con un bel po’ di timore e con le guardie che mi tenevano d’occhio: ho detto al Pontefice che volevo solo dargli una lettera e donargli un braccialetto della tradizione del mio popolo. E così mi ha lasciato fare. È stato un incontro indimenticabile per tutti noi. Anche perché poi Papa Francesco ha dedicato l’udienza allo stesso tema che noi abbiamo portato lungo l’Italia: noi parliamo di Madre Terra, lui di Creato, ma pensiamo alla stessa cosa».

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