L’Otto per mille alla chiesa
Nel 2013 12 milioni alla diocesi

«L’Otto per mille non è un puro e semplice meccanismo di raccolta e distribuzione di risorse economiche, ma piuttosto un modo di concepire la Chiesa, maggiormente radicata nel messaggio evangelico e fedele agli insegnamenti del concilio Vaticano II».

«L’Otto per mille non è un puro e semplice meccanismo di raccolta e distribuzione di risorse economiche, ma piuttosto un modo di concepire la Chiesa, maggiormente radicata nel messaggio evangelico e fedele agli insegnamenti del concilio Vaticano II. Infatti è sottesa l’idea di una esperienza di comunione che chiede a tutti l’impegno alla corresponsabilità, alla condivisione delle risorse e alla loro redistribuzione».

Monsignor Sergio Bertocchi, incaricato per la promozione del sostegno economico alla Chiesa, parla della Giornata nazionale di sensibilizzazione e promozione dell’Otto per mille alla Chiesa cattolica, che si celebra oggi in tutte le parrocchie italiane.

Perché firmare per l’Otto per mille?

«Occorre anzitutto ricordare che questa forma di sostegno economico nasce in un contesto di reciproco riconoscimento e stima tra Stato Italiano e Chiesa cattolica italiana, ciascuno nel proprio ordine “indipendente e sovrano”, ma allo stesso tempo impegnati ciascuno al rispetto di tale principio e alla reciproca collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del Paese. La corresponsabilità investe ogni dimensione della vita cristiana. Nessun cristiano può dire di un fatto, di una situazione, “Non mi interessa”. Se è autentica, la corresponsabilità porta alla comunione e coinvolge anche le risorse economiche, porta a condividere anche i beni materiali e il denaro, a guardare anzitutto a chi è nel bisogno, aprendo lo sguardo non solo sulla propria comunità, ma anche alle esigenze della diocesi e della Chiesa universale. Ogni volta che viene fatta un’offerta per il sostentamento del clero o si firma a favore della Chiesa cattolica all’atto della dichiarazione dei redditi, si realizza un gesto ecclesiale di grande valore, un gesto che mette la Chiesa nelle condizioni di poter svolgere la propria missione».

Firmano anche coloro che non frequentano le chiese.

«Grazie alla fiducia confermata di anno in anno dagli italiani, credenti e non credenti, la Chiesa cattolica ha potuto disporre di risorse che hanno consentito non solo di garantire un tenore di vita dignitoso a migliaia di sacerdoti che operano nelle parrocchie e nei servizi diocesani, ma anche di intervenire in modo puntuale e incisivo per alleviare tante sofferenze, dovute a indigenza, fame, malattie, catastrofi naturali in Italia e nel mondo, oltre che di costruire nuove chiese e oratori, restaurare edifici di interesse storico artistico, sostenere l’attività di parrocchie, associazioni e movimenti».

Quali sono le parrocchie più bisognose dei contributi dell’Otto per mille?

«Dipende dagli interventi o dalle realizzazioni che si vogliono intraprendere. In generale occorre dire che la nostra gente è particolarmente sensibile alle necessità della propria comunità e che la corresponsabilità è esercitata in molti modi: con il sostegno alla gestione ordinaria, ma anche a quella straordinaria, senza contare che non è quantificabile economicamente l’apporto del volontariato, aspetto primario e qualificante di ogni attività della comunità. Certamente il peso delle strutture non è indifferente sui bilanci delle parrocchie: il loro mantenimento e la manutenzione rappresentano il peso maggiore sui bilanci. Bisogna tenere presente che cosa significhi intervenire su una chiesa che abbia un valore storico, artistico, su un oratorio, un asilo parrocchiale... Per una parrocchia di piccole dimensioni questo può rappresentare un serio problema».

Quali sono le percentuali di destinazione nella nostra diocesi?

«Lo scorso anno la nostra diocesi ha ricevuto dalla Cei oltre dodici milioni di euro, esattamente 12.478.170,99 euro. Questi fondi sono stati impiegati per il 12,7 per cento per opere di culto e pastorale, per il 10,2 per cento per opere diocesane di carità, per il 63,1 per cento per il sostentamento dei sacerdoti che operano nella diocesi, per il 10,3 per cento per l’edilizia ed il culto, per il 3,7 per cento per i beni culturali. I dati a disposizione sono elaborati sulla base di quelli trasmessi dal ministero dell’Economia e delle Finanze. Per la nostra diocesi questi dati, rielaborati dalla Cei, attribuiscono una percentuale dell’87 per cento di dichiarazioni firmate a favore della Chiesa cattolica: il dato nazionale è pari all’82,9 per cento, mentre il dato regionale è pari a 84,2 per cento».

Spesso riemergono luoghi comuni riguardo ai soldi della Chiesa. «Non è insolito percepire un senso di disagio riguardo al tema del denaro nella Chiesa e della Chiesa da parte di singoli, ma anche, e soprattutto, da parte dei media. Bisogna però essere onesti: il più delle volte sono luoghi comuni frutto, credo, dell’incapacità nostra di portare a conoscenza del tanto che si fa e del come si fa. Per quanto riguarda i media, che maggiormente concorrono al prosperare di questi stereotipi, occorre dire che c’è una scarsissima o quasi nulla conoscenza delle tante e variegate realtà che animano le comunità cristiane. Certamente come cristiani e come Chiesa dobbiamo saperci dire con uno stile che è quello evangelico: nella sobrietà che ci fa essere solidali e che permette di rimanere sempre aperti agli altri, che permette di partire sempre dagli altri».

Un calo dell’Otto per mille si rifletterebbe su molte attività pastorali e caritative? «Il sistema per sé non offre delle garanzie. È evidente che una diminuzione del gettito Irpef comporta inevitabilmente un ridimensionamento delle disponibilità economiche. Le conseguenze sono a cascata. Quindi ridimensionamento dell’Otto per mille può significare anche una diminuzione di quanto si utilizza per le attività caritative, sociali e via dicendo. Non senza considerare che il Cud (certificazione unica dei redditi di lavoro dipendente, pensione e assimilati) non viene più inviato per posta in via cartacea, ma è consultabile, scaricabile e stampabile solo per via telematica o rivolgendosi ai patronati e quindi comporta, per chi non deve presentare la dichiarazione dei redditi, un ulteriore deterrente che solo la sensibilizzazione delle parrocchie e degli incaricati parrocchiali può ovviare».

Carmelo Epis

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