Mesi fa gli aveva salvato la vita
Ora lo ha arrestato per spaccio

È considerato uno dei principali spacciatori di cocaina dell’Isola bergamasca e della confinante Brianza vimercatese.

Gli affari di M. S., 30 anni, di nazionalità marocchina, noto con il nomignolo di «Besu», e dei suoi sette complici dei quali tre con domicilio a Brembate, hanno subìto un brusco stop con l’operazione antidroga messa a segno ieri mattina dai carabinieri di Vimercate.

I militari hanno eseguito otto fermi di polizia giudiziaria, con accuse di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. Per «Besu» si è trattato di un incontro con una vecchia conoscenza dell’Arma: il carabiniere che lo ha arrestato, infatti, è lo stesso che, la scorsa primavera, gli aveva salvato la vita. Il nordafricano, in quella occasione, in balia degli effetti della cocaina, si stava lanciando dal balcone, completamente nudo, in delirio. Era stato letteralmente preso al volo dallo stesso carabiniere, che ieri gli ha messo le manette ai polsi. Il pusher marocchino, insomma, è una faccia nota alle forze dell’ordine.

Secondo gli investigatori, è da tre anni uno dei punti di riferimento per lo spaccio di coca al dettaglio. Attivo non solo in Brianza, ma anche nell’Isola e nell’area trezzese, si avvaleva della complicità degli altri connazionali. Tre di questi, vivono in un caseggiato di Brembate. Si tratta di due ragazzi di 22 e 24 anni, e di una 25enne incensurata.

L’operazione ha portato al sequestro di circa un etto di cocaina, contanti per quasi 10 mila euro (più o meno l’incasso di una sola giornata di «lavoro»), vario materiale per confezionare e pesare lo stupefacente, 24 telefoni cellulari, alcuni dei quali con sim card internazionali, e otto fra tablet e personal computer utilizzati per tenere la contabilità degli affari.

Bar, piazze cittadine e pub soprattutto di alcuni comuni del Vimercatese erano i luoghi prescelti dalla banda per spacciare, per un giro d’affari che i carabinieri stimano in circa due milioni di euro, accumulati in soli quattro mesi.

Gli inquirenti calcolano, infatti, che il gruppo fosse in grado di piazzare anche tremila cessioni al giorno. I provvedimenti di fermo sono stati giustificati principalmente dal pericolo di fuga. Molti degli indagati stavano progettando di tornare in Marocco a giorni, perché infastiditi dai controlli sempre più pressanti da parte dei carabinieri. Besu e i suoi complici, sentivano terra bruciata attorno.

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