Morti per amianto: ex operai depongono alla ripresa del processo contro la Dalmine

E’ ripreso stamane, dopo diversi rinvii causati dalla morte per malattia - in particolare tumori ai polmoni - di alcuni operai, parti offese nel procedimento, il processo che vede imputati a vario titolo di omicidio colposo plurimo e lesioni colpose tre ex dirigenti dello stabilimento di Sabbio della Dalmine Spa. Davanti al giudice Vittorio Masia hanno deposto alcuni ex operai, ora pensionati, che lavoravano come saldatori nel periodo tra gli anni Cinquanta e gli anni Ottanta, quello in cui si sono concentrati decessi e patologie: tutti hanno spiegato di aver lavorato con l’amianto. In particolare hanno chiarito che questo elemento veniva utilizzato sotto forma delle cosiddette «coperte coibentanti» in rotoli, che venivano prima tagliate, quindi riscaldate e adagiate sulle saldature appena fatte, con spargimento di polvere di amianto nell’aria, problema accentuato da alcune ventole di riscaldamento (a detta di alcuni testimoni) e non risolto dagli aspiratori di fumo messi sopra ogni postazione di saldatura negli anni ’70. Secondo l’accusa proprio la polvere sarebbe all’origine delle malattie che hanno colpito 21 persone, solo tre delle quali ancora in vita. Secondo il pm l’azienda non avrebbe adottato le necessarie misure di prevenzione per evitare la diffusione delle polveri e, in seconda battuta, non avrebbe nemmeno informato gli operai del reparto dei rischi. Dal canto suo la difesa ha sempre sostenuto che l’amianto non veniva lavorato nello stabilimento di Sabbio, veniva acquistato già pronto; inoltre tutte le misure di sicurezza previste dalla legge di quel periodo erano applicate con rigore: non erano noti i rischi legati all’amianto all’epoca. Il processo proseguirà la prossima settimana.

(11/11/2003)

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