Parla la madre del ragazzo ferito: «Ha tentato di salvare gli amici, ma non ce l’ha fatta»

«Mamma, perché non sono morto anch’io con Angelo e Francesco? Ho fatto di tutto per tirarli fuori dall’auto, ma non c’è l’ho fatta». Sono state queste le prime parole che all’alba di ieri Nicolò Carofiglio, 18 anni, di Sovico, ha detto alla mamma, Lucia Conte, agli Ospedali Riuniti di Bergamo. Erano da poco passate le 5 di mattina: Nicolò era scampato alla morte sull’A4. Non era capitato lo stesso al cugino barista Angelo Conte, residente a Bareggia, frazione di Macherio, 26 anni il prossimo 21 novembre, e all’amico diciottenne Francesco Valenti, muratore di Sovico: entrambi sono morti dopo essere stati tamponati in autostrada alle 2,35 della notte fra sabato e domenica.

«Mio figlio mi ha detto che stavano andando a 90 all’ora sulla corsia centrale dell’A4 - racconta mamma Lucia davanti all’ingresso della casa di Angelo, in via Cesare Cantù, a Bareggia -. A un certo punto i ragazzi hanno udito un botto. L’auto ha iniziato a carambolare, andando a sbattere contro il guard-rail, e il serbatoio si è incendiato». I tre brianzoli erano partiti dopo l’1,30 da Bareggia ed erano diretti in una discoteca di Orio al Serio: ancora una manciata di metri e sarebbero usciti dall’autostrada per proseguire sulla tangenziale per Crema. Angelo - l’unico dei tre ad avere la patente - era al volante, Nicolò sedeva al suo fianco, Francesco aveva preso posto nel sedile posteriore.

«Andavano piano - precisa la signora Lucia con gli occhi gonfi di pianto - perché non volevano correre il rischio di avere contravvenzioni».

Dopo lo schianto - così ha riferito l’unico sopravvissuto alla mamma - «la macchina a un certo punto si è fermata. Mio figlio si è slacciato la cintura di sicurezza e ha sfondato il finestrino con il gomito. È uscito ed è corso ad aiutare Angelo: ha rotto il finestrino che si trovava in corrispondenza del lato guida. Ha preso la testa di Angelo fra le mani, ma si è accorto che non c’era più nulla da fare. A quel punto ha cercato di tirare fuori dall’abitacolo Francesco, ma non ci è riuscito. Mio figlio mi ha raccontato che passavano le auto, ma nessuna si fermava. Visto l’inizio di incendio, probabilmente avevano paura che la Citroen scoppiasse in aria. A un certo punto, sulla corsia di emergenza si è fermata una donna che ha trascinato via Nicolò un istante prima che la macchina diventasse una palla di fuoco».

Nicolò - meccanico tessile a Besana, in attesa di partire per il servizio militare - è stato trasportato in ambulanza agli Ospedali Riuniti. Le sue condizioni non sono risultate particolarmente gravi: ha però le mani e le orecchie bruciate, escoriazioni al collo e alla faccia, contusioni alla schiena e alle gambe. «Sotto choc e sotto l’effetto di tranquillanti - racconta la mamma - è tornato a casa assieme a mio marito intorno a mezzogiorno. I medici hanno detto che dovrà stare a riposo per 10 giorni». Per gli altri due giovani, invece, non c’è stato nulla da fare: le salme sono stati trasportati al cimitero di Stezzano.

«Verso le 4,20 è squillato il telefono - fa mente locale mamma Lucia, sposata con un maresciallo dei carabinieri - e dagli Ospedali Riuniti ci hanno comunicato che Nicolò, Angelo e Francesco avevano avuto un incidente». A quel punto i coniugi Carofiglio, dopo avere avvisato la famiglia Conte dell’accaduto, sono corsi a Bergamo: «Siamo andati con due macchine, perché eravamo convinti che li avremmo portati indietro tutti. Non ci avevano detto nulla e, dunque, pensavamo che l’incidente non fosse grave». Invece, all’ospedale hanno scoperto che solo Nicolò si era salvato.

Davanti alla porta dell’abitazione di Angelo Conte è un via vai di parenti e amici. Sono venuti a portare conforto a suo padre Francesco, fratello di Lucia, alla mamma Concetta Lombardo e al fratello minore, Emilio. Bareggia è una frazione di Macherio, poco più di 6 mila abitanti: qui tutti si conoscono. Angelo, in particolare, era molto noto: a Pasqua, infatti, aveva aperto sul principalissimo viale Regina Margherita un bar tabacchi, «Acqua de cocco e caffè». Ieri mattina il locale avrebbe dovuto aprire come sempre: invece sulla serranda calata campeggia il cartello «Chiuso per lutto».

«Sette mesi fa - si morde le labbra Alessandro Bernardi, 19 anni - Angelo aveva realizzato il sogno della sua vita, aprire un bar». Per imparare l’arte dei cocktail l’estate scorsa era andato a bottega al Silver Caffè, di proprietà dei genitori di Alessandro. «Facevamo parte della stessa compagnia. Angelo era un ragazzo disponibile e tranquillo: andavamo spesso assieme a ballare», racconta Alessandro. E - aggiunge con rabbia ripensando all’incidente - «non schiacciava mai l’acceleratore».

(20/10/2003)

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