Pistola sparita e foto mancanti
Dalmine, l’agente viene assolto

Foto che non compaiono nel fascicolo, verbali di sopralluogo contrastanti e un enigma che la recente assoluzione ha contribuito ad alimentare: si tratta di semplice sciatteria investigativa o c’è stata una macchinazione nei suoi confronti?

Foto che non compaiono nel fascicolo, verbali di sopralluogo contrastanti e un enigma che la recente assoluzione ha contribuito ad alimentare: si tratta di semplice sciatteria investigativa o c’è stata una macchinazione nei suoi confronti? È questo il dilemma che non sono riusciti a sciogliere nemmeno 5 processi e i 7 anni e mezzo durante i quali, M. P., poliziotto della questura, ha dovuto convivere col sospetto di aver simulato il furto della pistola d’ordinanza.

L’arma era scomparsa dalla sua abitazione di Dalmine il 13 settembre 2006 e lui era accusato di aver inscenato l’incursione dei ladri per evitare sanzioni disciplinari. Il primo processo si conclude nel marzo 2010 con la condanna a un anno e mezzo (pena sospesa). Ma la corte d’appello annulla la sentenza e dispone un nuovo dibattimento perché il giudice ha leso il diritto alla difesa. Arriva così la seconda condanna nel giugno 2012: 10 mesi, pena sospesa.

Il reato intanto viaggia verso la prescrizione, cui M. P. annuncia di voler rinunciare. Il problema, però, non si pone dal momento che il 7 febbraio scorso in appello arriva l’assoluzione perché il fatto non sussiste. Nel frattempo pure la moglie dell’agente era stata assolta (già in primo grado e col comma I perché il fatto non sussiste). Per l’accusa, sarebbe stato M. P. a rompere il vetro della portafinestra e lo avrebbe fatto il giorno successivo quando l’allora comandante della Volante Mirella Pontiggia aveva deciso di ripetere il sopralluogo. L’agente, sempre per l’accusa, avrebbe fornito poi una ricostruzione contraddittoria: avrebbe prima parlato della rottura del vetro della portafinestra della cucina, poi di quello della camera da letto. La difesa ha invece prodotto la denuncia presentata la sera stessa in cui M. P. raccontava che «ignoti si sono arrampicati sul balcone comunicante con la camera da letto, quindi rompendo il vetro della portafinestra e riuscendo a penetrare nella camera».

Per saperne di più leggi L’Eco di Bergamo del 21 marzo

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