«Potrebbe ripetere l’omicidio»
Ecco perchè Bossetti resta in carcere

«Persiste il rischio di recidiva». In parole povere: Bossetti potrebbe ripetere un omicidio simile. È nel pericolo di reiterazione del reato che il tribunale del riesame individua l’altro elemento per giustificare la custodia in carcere.

Anche in questo caso i giudici ribaltano il ragionamento della difesa. Gli avvocati Silvia Gazzetti e Claudio Salvagni vanno da tempo dicendo che un padre di famiglia, il quale mai ha dato adito a dubbi e che, pur sapendo che la madre era stata sottoposta al test del dna (e quindi il cerchio si stava stringendo intorno a lui), ha continuato a condurre una vita normale, è illogico che possa ripetere un delitto simile (sempre che sia dimostrato che ne è l’autore).

Bene, Mocciola e il suo collegio partono proprio da qui per sostenere che «il suo (di Bossetti, ndr) buon livello di inserimento nel contesto di appartenenza svela ancor di più la sua mancanza di freni inibitori, in quanto pur godendo delle migliori condizioni per condurre un’esistenza nel rispetto della legge, non aveva remore nell’infierire su una minorenne indifesa».

Secondo i giudici del Riesame, «si staglia quindi evidentissima una carenza di capacità di autocontrollo, in quanto se il prevenuto (Bossetti, ndr) fosse messo in libertà potrebbe, assai facilmente, aggredire altre giovani con la stessa disinvoltura già manifestata». Il rischio di recidiva, per il collegio, «promana eclatante dalle crudeli modalità di commissione del fatto: non solo l’autore del fatto agiva in orario serale, approfittando del buio e del percorso solitario di ritorno a casa di una tredicenne inerme, ma anche si accaniva sulla vittima con plurime coltellate e la abbandonava agonizzante in area sterrata, tanto che la morte sopraggiungeva per l’effetto congiunto delle numerose lesioni da taglio e dell’ipotermia. L’indifferenza alla sorte dell’offesa (Yara, ndr) dimostra un dolo intenso e mancanza del benché minimo scrupolo (...) La spiccata gravità del fatto scolpisce una personalità estremamente negativa, proclive a commettere reati pur di realizzare i propri scopi».

Il Riesame sostiene che il «contegno criminoso» del muratore «non è scalfito dalla condizione di incensuratezza, che è un dato solo formale» e che «nemmeno si reputa sia risolutivo per dimostrare resipiscenza e l’acquisizione di doti di responsabilità personale il periodo in custodia cautelare carceraria, per la sua esiguità (appena quattro mesi)».

Anche per questo motivo i giudici ritengono che «gli arresti domiciliari (chiesti in subordine dalla difesa, ndr) sono misura inadeguata», così come « per l’indole altamente trasgressiva del prevenuto, che non dà segni di garanzia circa l’osservanza dei limiti che caratterizzano la restrizione».

«A maggior ragione - conclude il tribunale della libertà -, sono insufficienti misure non detentive, per gli amplissimi spazi di movimento sostanzialmente incontrollato che lasciano, grazie ai quali il ricorrente (Bossetti, ndr) potrebbe cogliere la prima occasione per reiterare il reato. Solo la cautela in corso (il carcere, ndr) può contenerlo e scongiurare il pericolo di ricaduta».

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