«Questa volta ci è andata bene
ma c’è poca sicurezza per i ciclisti»

Matteo è uno dei tre ciclisti che sabato 13 giugno è stato travolto da un’auto ad Iseo.

Ripresosi dallo spavento, ci ha scritto non tanto (e non solo) per fornire la propria versione di quanto avvenuto, ma soprattutto per parlare di sicurezza, per invitare tutti (anche i ciclisti, certo...) ad una maggiore responsabilità: «Perché la nostra situazione potrebbe essere la propria, quella del proprio parente o persona cara che si sta aspettando per un abbraccio da un ritorno che potrebbe anche nn esserci più», scrive.

«Siamo solo 3 amici di Bergamo che erano usciti per una giornata di sport e di allenamento poiché a fine mese avremmo voluto scendere a Catania in bici per vivere un esperienza di gioia e conoscenza attraverso il nostro territorio. E all’improvviso ci siamo trovati investiti da una macchina qualsiasi,una tra le tante,guidata da un ragazzo che avrebbe potuto essere anche uno di noi in compagnia della propria ragazza. Benché molti di noi ciclisti ,amatoriali o professionisti,non rispettino le più elementari regole di sicurezza non è possibile metterci nella stessa carreggiata con macchine che corrono al triplo della nostra velocità: è come puntarci alla testa una pistola con un solo proiettile e sperare che quel giorno nn esploda!!!»

«Noi siamo stati attenti a rimanere “ in linea”e a non invadere lo spazio altrui,eppure ci siamo trovati sbalzati dalle nostre bici su un prato che avrebbe potuto essere un muro o un guard rail oppure il fronte di un’altra auto proveniente in senso contrario. Questa volta ci è andata bene ma i sindaci di ogni città o comune dovrebbero battersi per tutelare e preservare coloro che escono per una giornata di divertimento e salute e non si aspettano di tornare in ambulanza! Questa è la vera notizia che i giornali dovrebbero approfondire per dare senso a una notizia, per far si che in qualche modo non accada di nuovo, per provare a tutelare qualcuno e non solo riempire uno spazio».

«Ho passato 6 ore su un lettino al pronto soccorso con la paura di essermi rotto la schiena e non poter più intraprendere quei tanti progetti come la discesa a Catania. ad oggi,dolorante in ogni parte del corpo,cammino sulle mie gambe ma a molti altri ragazzi in passato non è andata in questo modo, ed è una storia già sentita che i giornali potrebbero finalmente aiutare ad ascoltare in maniera più consapevole ed attenta. Con meno rabbia e critica da parte di chi lascia commenti come quelli letti sulla pagina Facebook ma la consapevolezza che la nostra situazione potrebbe essere la propria,quella del proprio parente o persona cara che si sta aspettando per un abbraccio da un ritorno che potrebbe anche nn esserci più»

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