Turchia: colpo di stato, Erdogan in fuga
I militari: «Preso il potere» - Diretta

Colpo di stato dei militari in Turchia, con i carri armati in strada e gli elicotteri e gli F16 dell’esercito a volteggiare su Ankara e Istanbul, dopo oltre 15 anni di potere del partito islamico di Erdogan.

Trentasei anni dopo l’ultimo putsch, la clamorosa azione di una parte dell’esercito turco ha spiazzato il mondo. Dopo qualche ora di silenzio, Erdogan ha lanciato un appello ai turchi attraverso via Facetime attraverso uno smartphone sulla Cnn Turk affinché scendessero in strada per opporsi al golpe: «Sono ancora io il presidente, resistete». Ma non si sa dove si trovi. Una fonte militare americana lo dà in volo verso la Germania ma non c’è nessuna conferma.

Le prime notizie sono partite poco prima della mezzanotte turca (le 22 in Italia), con messaggi sulla chiusura di due ponti sul Bosforo ad Istanbul. Poi si si sono uditi spari anche ad Ankara, dove nelle strade si vedevano i carri armati nei punti nevralgici, mentre elicotteri e jet militari sorvolavano la città. A quel punto l’esercito ha diramato un messaggio a tutti i cittadini: tornate e restate nelle vostre case, mentre il premier, Binali Yildirim, denunciava il «tentato golpe», attribuendolo ad un gruppo ribelle interno all’esercito: «Faremo tutto il possibile perché prevalga la democrazia. Il colpo di stato non riuscirà e i responsabili saranno puniti», ha dichiarato, aggiungendo che «i responsabili pagheranno il prezzo più alto».

Un braccio di ferro politico mediatico durato neanche una mezz’ora, prima che i militari prendessero il controllo della tv di Stato, annunciando ufficialmente di aver preso il potere. Lo abbiamo fatto, hanno specificato i militari, «per ristabilire l’ordine democratico e la libertà», oltre a «ripristinare la laicità» dello Stato, «erosa dal governo» islamico di Erdogan. Con l’impegno a mantenere tutte le relazioni estere turche esistenti e a considerare lo stato di diritto una priorità.

Quanto al presidente-sultano Erdogan, la Cnn riferiva che si trovava al sicuro. Intanto tutti gli obiettivi strategici cedevano uno dopo l’altro: carri armati all’aeroporto Ataturk di Istanbul e il conseguente blocco di tutti i voli; tutti i social network e le comunicazioni fuori dai media ufficiali bloccati, con la conseguente difficoltà a reperire informazioni. Sui media girano le foto di un cordone di soldati con alcune camionette di traverso che bloccano il principale ponte sul Bosforo che collega le due sponde di Istanbul. L’esercito ha poi imposto il coprifuoco e la legge marziale.

Gli analisti ipotizzano - e le prime dichiarazioni dei miliari lo conforterebbero - che il golpe sia l’azione di un gruppo «kemalista», che si rifà cioè al laicismo voluto dal fondatore della Turchia moderna, l’Ataturk Mustafa Kemal, della quale l’esercito, prima che Erdogan intervenisse pesantemente sui vertici militari del paese, era il custode costituzionale contro ogni tentativo di dirottare il Paese verso soluzioni diverse dal laicismo delle origini. Ma Erdogan ha puntato il dito contro la rete «gulenista», ovvero del predicatore Fethullah Gülen, come responsabile del golpe.

© RIPRODUZIONE RISERVATA