Ubi Banca e l’accusa di patti segreti
Consob contesta carte sulla governance

Dopo la tegola delle perquisizioni e dell’inchiesta penale che coinvolge i manager del gruppo, ora anche la Consob ha contestato a Ubi Banca la completezza del documento di corporate governance. Lo ha confermato la banca stessa.

Dopo la tegola delle perquisizioni e dell’inchiesta penale che coinvolge i manager del gruppo, ora anche la Consob ha contestato a Ubi Banca la completezza del documento di corporate governance. Lo ha confermato la banca stessa venerdì 16 maggio - dopo un rincorrersi di voci ed indiscrezioni - precisando che «le controdeduzioni sono in corso di predisposizione».

L’ipotesi accusatoria riguarda l’esistenza di un patto occulto (non dichiarato all’autorità di vigilanza) che avrebbe consentito alle due anime di Ubi (quella bergamasca dell’associazione Amici di Ubi, facente riferimento a Emilio Zanetti, e quella bresciana dell’associazione Banca Lombarda, guidata dal banchiere Giovanni Bazoli) di determinare le nomine e quindi la governance dell’istituto.

Questo filone d’inchiesta nasce da un esposto a Consob e Banca d’Italia da parte della componente di minoranza guidata da Andrea Resti nel Consiglio di sorveglianza di Ubi. Dall’organo di vigilanza la segnalazione è finita ad arricchire il corposo fascicolo della procura, ma ieri si è avuta conferma anche della formale contestazione mossa dalla stessa authority a Ubi. I rilievi di Consob sarebbero arrivati lunedì scorso, all’indomani dell’assemblea che ha approvato la modifica dello statuto, tra le polemiche della minoranza per la cancellazione dal libro soci di 20 mila azionisti.

Ieri è uscita allo scoperto con un duro comunicato l’associazione «Ubi Banca Popolare!», che fa riferimento al gruppo di minoranza di Andrea Resti, dal cui esposto ha avuto origine il filone d’indagine sui presunti patti occulti. «L’aver messo in dubbio (ricordiamoci sempre che siamo in fase di indagini e nessuno può essere ancora - e si spera mai - ritenuto colpevole) la correttezza dei comportamenti degli amministratori della banca paventandone il coinvolgimento in reati di natura patrimoniale e, ancora più grave, di aver pilotato le nomine alle cariche societarie con accordi illeciti, ostacolando persino l’attività di controllo degli organi di vigilanza, ci lascia attoniti e amareggiati», si legge nella nota.

Altrettanto ferma la replica del presidente del Consiglio di sorveglianza di Ubi, Andrea Moltrasio: «La vicenda che interessa il nostro gruppo è relativa agli esposti di Jannone e Resti, che rappresentano le due liste che hanno perso l’assemblea del 2013 per volontà dei soci. L’accanimento con il quale stanno commentando queste vicende dimostra che non hanno accettato l’esito delle assemblee sia nel 2013 sia nel 2014, durante la quale solo 95 soci su circa 7 mila si sono dichiarati contrari alle modifiche statutarie proposte».

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