Ubi: deleghe in bianco all’Assemblea
Undici indagati. Le parole di Masnaga

Avrebbero raccolto deleghe in bianco o con firme falsificate per far confluire voti sulla lista di Andrea Moltrasio, quella risultata vincente nell’assemblea di Ubi Banca del 20 aprile 2013 per l’elezione del consiglio di sorveglianza dell’istituto.

Sono undici gli indagati per il reato di «illecita influenza su assemblea» nel filone di inchiesta avviato l’anno scorso dal pm Fabio Pelosi: sei erano già stati indagati, nel maggio 2014, per ostacolo alla vigilanza. Si tratta del presidente del consiglio di sorveglianza Andrea Moltrasio, del suo vice Mario Cera, di Giovanni Bazoli nella qualità di presidente dell’Associazione banca Lombarda e Piemontese, di Franco Polotti, presidente del consiglio di gestione di Ubi Banca, di Victor Massiah, consigliere delegato e di Emilio Zanetti, ex presidente del consiglio di gestione. A questi si sono aggiunti ieri, per il solo reato di illecita influenza su assemblea (punito con la reclusione da sei mesi a tre anni) Antonella Bardoni, direttore del Confiab (Consorzio fidi di Confartigianato Bergamo) e componente del consiglio di sorveglianza di Ubi Banca, Giuseppe Sciarrotta, responsabile del servizio rapporti con i soci dell’istituto, Guido Marchesi, consulente dello stesso servizio, Marco Mandelli, direttore generale della Banca Popolare Commercio e Industria (gruppo Ubi) e Rossano Breno, ex presidente della Compagnia delle Opere di Bergamo (carica che aveva lasciato nell’ottobre del 2012 in seguito ad altre vicende giudiziarie).

I finanzieri sono partiti dai 7.318 voti ottenuti dalla lista ufficiale guidata da Moltrasio (quella di Andrea Resti ne raccolse 4.693 e quella di Giorgio Jannone 1.548). Di questi, il 61% è stato espresso per delega. «Quella delega non l’ho mai vista», «Mi hanno fatto firmare un documento ma non sapevo di cosa si trattasse» hanno detto quasi tutti i soci, oltre un centinaio, interrogati in questi mesi.

Chiamato dai finanzieri anche Giuseppe Masnaga, ex direttore generale della Banca Popolare di Bergamo e sostenitore della lista Resti. Masnaga ha lasciato l’incarico il 29 marzo 2013, a tre settimane dall’assemblea e all’indomani di un videomessaggio inviato dall’allora presidente Emilio Zanetti ai dipendenti della Popolare in cui, senza citare esplicitamente Masnaga, spiegava che era in atto un tentativo di «destabilizzare il vertice del gruppo» per acquisire «posizioni di maggior potere o incarichi più rilevanti». Masnaga avrebbe riferito alla procura di avere assistito all’attività di condizionamento dei soci e confermato l’esistenza di una «filiera» di raccolta delle deleghe in bianco. Attività alla quale, a maggior ragione visto il suo sostegno a un’altra lista, non ha mai partecipato.

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