Uccise ballerina sul monte Bue
A giudizio per omicidio aggravato

«Omicidio aggravato dalla minorata difesa della vittima, dai motivi abietti e futili, dalla crudeltà e dallo stato di ubriachezza abituale».

Con queste accuse il pm Fabrizio Gaverini ha chiesto il rinvio a giudizio per Isaia Schena, 37 anni, camionista di Cene, accusato di aver ucciso Madalina Palade, ventisettenne ballerina romena. Il giudice Raffaella Mascarino ha fissato l’udienza preliminare per il prossimo 26 gennaio.

È una sfilza di aggravanti quella che il pm contesta a Schena, tuttora sottoposto alla custodia cautelare in carcere. Le indagini, ormai chiuse, non hanno riservato sorprese. Il delitto, in tutta la sua efferatezza, si è consumato come lo stesso Schena aveva descritto, in un drammatico interrogatorio in carcere con il magistrato. In quella sede il camionista aveva ammesso gli addebiti e ricostruito i fatti nei particolari. Aveva spiegato di aver perso il controllo, senza alcuna provocazione da parte di Madalina Palade, di averla aggredita e uccisa senza una spiegazione.

Il camionista non fornì una spiegazione sul movente del delitto, sostenendo che si trattò di un raptus inspiegabile. Ammise di aver fatto uso di cocaina e di alcolici: un cocktail che certo gli aveva annebbiato la mente, facendogli perdere il controllo, fino al tragico epilogo. L’avviso di conclusione delle indagini preliminari parla di un omicidio compiuto «a pugni e colpi di bottiglia» e «con il collo rotto della bottiglia», provocando una serie di lesioni risultate fatali.

Su richiesta del difensore di Schena, l’avvocato Roberto Bruni, il giudice per le indagini preliminari Alberto Viti aveva disposto una perizia psichiatrica: l’esperto incaricato, lo psichiatra Sergio Luca Monchieri, ha dichiarato il camionista totalmente capace di intendere e di volere, anche se per il consulente della difesa, il dottor Massimo Biza, non si può escludere così facilmente la possibilità di un disturbo della personalità e diagnosticare, quindi, almeno un vizio parziale di mente.

Leggi di più su L’Eco di Bergamo del 2 novembre

© RIPRODUZIONE RISERVATA