Un sorriso e L’Eco di Bergamo
Così il «pane è... quotidiano»

Lei i suoi clienti li conosce quasi tutti per nome. Conosce bene le loro piccole grandi richieste quotidiane. Patrizia Rota Biasetti, in via Zambonate a Bergamo, si è inventata una nuova iniziativa: si chiama «Pane quotidiano».

Lei i suoi clienti li conosce quasi tutti per nome. Conosce bene le loro piccole grandi richieste quotidiane, tra pane morbido o croccante, il latte fresco, i ravioli di magro il venerdì.

Un microcosmo di rione quello di via Zambonate, che vive di acciacchi e chiacchiere, davanti al pane fresco che Patrizia Rota Biasetti tira fuori dal forno alle 2,30 del mattino, insieme al papà Giovanni. Fa la panettiera Patrizia, 27 anni, fisico asciutto e le braccia muscolose di una che le ceste cariche di baguette se le sposta da sola, dal laboratorio di famiglia a Brembate Sopra fino a Bergamo, dove un anno e mezzo fa ha aperto la sua forneria.

Con una novità fresca fresca, proprio come il pane che vende tutti i giorni, anche la domenica: per tutto il mese di giugno a coloro che spenderanno almeno 10 euro nel suo panificio regalerà una copia de L’Eco di Bergamo. Un’idea che ha chiamato «Pane quotidiano», perchè le piace dare vita a progetti, creare un circolo virtuoso nel quartiere dove lavora.

«Una piccola cosa, un mondo per stare più a contatto con la gente – racconta lei, con le mani che profumano di farina e la testa che frulla pensieri –. Già lo scorso anno avevo offerto il caffè, sempre all’insegna della quotidianità, poi mi son detta che il giornale è il messaggio più quotidiano che esista, insieme al pane. Ho pensato a L’Eco, perché è il quotidiano della nostra città, è la nostra storia e racconta la nostra vita».

E così, per trenta giorni, L’Eco lo paga Patrizia a chi compra pane, pizza e biscotti: «Darò un buono per ritirare la copia all’edicola di Roberto Lecchi, qui di fronte». Anche perché tra commercianti ci si aiuta: «Ci credo fermamente: alle idee che bisogna crearsi, alle iniziative che fanno felice la gente. Piccoli gesti in una via come la nostra che ha un gran bisogno di crescere e portare avanti progetti».

Lei se ne inventa, di cose: fiori per la festa della mamma, un cuore di gesso per celebrare la donna, gnocchi a forma di cuore a San Valentino, prima il caffè e ora il pane. «Per un mese, poi si vedrà» dice, ma la verità è che poi Patrizia, a luglio, si sposa con un palermitano che lavora a Bolzano.

E dopo il matrimonio, ha già un altro sogno: «Il laboratorio ora è a Brembate, dove mio padre ha una panetteria: con lui inizio alle 2,30, poi carico il furgoncino e porto tutto in negozio: alle 7 ho già alzato la saracinesca. Ma vorrei aprire un laboratorio qui, accanto al negozio, magari con due tavolini, come le brasserie francesi. Penso in grande, penso a una città che spero i nuovi amministratori prendano in mano: c’è bisogno di progetti, ma anche di sogni in cui credere».

Lei fin da bambina voleva fare il pane: «Mio padre aveva un piccolo laboratorio negli anni Settanta, poi aprì un minimarket, ma la concorrenza dei supermarket l’ha riportato a fare il pane. Io ho imparato da lui, il mio più grande maestro di vita». Tutta la famiglia si rimbocca le maniche: la mamma nel forno di Brembate Sopra, la sorella Pamela è con Patrizia a Bergamo: «Siamo donne con pochi grilli per la testa. Quanto a me, credo nel rapporto con il prossimo, che ha voglia di pane ma anche di una parola gentile: un sorriso in più è alla base di un lavoro come il mio».

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