Il decreto Clima
Si deve fare di più

Il primo atto normativo del nuovo governo Conte per inaugurare il «Green New Deal» inciderà ben poco sui cambiamenti climatici. Per il decreto legge Clima sono stati stanziati 450 milioni. Sono 255 quelli destinati al buono mobilità per le città e le aree sottoposte a infrazione europea per la qualità dell’aria: fino a 1.500 euro per la rottamazione dell’auto fino alla classe euro 3, fino a 500 per i motocicli a due tempi. La novità: in entrambi i casi il bonus può essere impiegato non per l’acquisto di nuove auto o moto, ma per un abbonamento ai mezzi pubblici o per l’acquisto di biciclette, anche elettriche.

Un fondo da 40 milioni per i Comuni è istituito per l’ammodernamento delle corsie preferenziali o la loro realizzazione nelle città. Un altro fondo, da 20 milioni, è creato per realizzare o migliorare il trasporto scolastico per gli alunni delle scuole elementari e medie con mezzi ibridi, elettrici o non inferiori a euro 6.

Altri 30 milioni sono destinati alla piantumazione e al reimpianto degli alberi e alla creazione di foreste urbane e periurbane nelle città metropolitane.

Venti milioni vanno ai commercianti – fino a 5 mila euro per ciascuno – che attrezzeranno un «green corner» nei loro negozi per la vendita di prodotti sfusi, con l’obiettivo di ridurre i rifiuti di imballaggi.

La riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi, inizialmente prevista nel decreto Clima, è rinviata alla legge di bilancio.

Il decreto prevede non molto di più di quanto elencato. Davvero poco per un governo che Conte aveva annunciato come orientato a guidare la transizione dell’intero sistema produttivo nel senso dell’economia circolare ed ecosostenibile, del consolidamento di un supposto primato italiano nelle energie rinnovabili, di una rigorosa politica del riciclo per il superamento dei rifiuti. I 450 milioni appaiono solo come un timido assaggio, se paragonati ai 50 miliardi per l’ambiente investiti dal governo tedesco. Certo: la Germania è un Paese economicamente ben più florido dell’Italia.

Il governo italiano, però, nonostante gli annunci positivi, dimostra di non avere capito come servano profondi cambiamenti nel modo di produzione dell’energia per limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi, come raccomanda l’ultimo rapporto dell’Ipcc, il Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite. Non c’è più tempo da perdere. Bisogna passare subito ai fatti. Siamo già in grave ritardo.

L’Agenzia internazionale per l’energia atomica sostiene la necessità dell’aumento, in modo notevole, del ricorso all’energia nucleare, per raggiungere l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra e contenere i cambiamenti climatici. Non è la strada giusta. L’Italia, tra l’altro, l’ha già abbandonata dopo il referendum del 1987, il cui esito è stato confermato dalla consultazione più recente del 2011. La Germania ha intrapreso una programma di dismissione delle proprie centrali, da completare entro il 2022, colmando il gap di produzione elettrica con le rinnovabili.

Il primo grave problema non risolto dell’energia nucleare è quello della sicurezza, una grande preoccupazione pubblica, giustamente, ancor più dopo gli incidenti di Fukushima e i timori del terrorismo. Nemmeno la questione dei rifiuti radioattivi è risolta. Gli elevati costi iniziali dell’energia nucleare rappresentano, inoltre, un grave ostacolo. I prezzi delle fonti rinnovabili, come il solare e l’eolico, continuano, invece, a diminuire, diventando sempre più competitivi rispetto ai combustibili fossili.

Mark Z. Jacobson, il noto climatologo e ingegnere dell’Università di Stanford, nel suo intervento a BergamoScienza, ha spiegato come sia possibile e necessaria, in tre decenni, una transizione «al 100%» di energie rinnovabili e una cancellazione totale dell’industria dei combustibili fossili, con un grande beneficio non solo per il clima e l’ambiente, ma anche per l’economia. Jacobson, con pragmatismo tutto anglosassone, ha snocciolato cifre, percentuali, statistiche, dimostrando che passare all’elettrico fa risparmiare. Con la transizione si creerebbero 28 milioni di posti di lavoro, ben più di quelli persi. Si eviterebbero 7 milioni di morti all’anno per l’inquinamento dell’aria. Il costo complessivo sarebbe un quinto di quello basato sui combustibili fossili. L’elettricità prodotta in sovrappiù in casa con il fotovoltaico, infine, si può rivendere alle compagnie del settore: bonifici in entrata al posto delle bollette in uscita.

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