«Dove manca etica non c’è impresa»

«Dove manca l’etica non c’è impresa». E’ lapidario Imerio Facchinetti, docente all’Università di Bergamo, che nella sua relazione al convegno promosso da Federmanager – a margine dell’assemblea del sindacato dei dirigenti industriali, all’ex Borsa Merci - sul tema «Corporate governance ed etica d’impresa: una scelta di valore», ha ricordato come non basta l’adozione di un codice etico senza la sua realizzazione concreta. Ne sono un esempio lampante i casi Cirio e Parmalat, società che avevano a suo tempo adottato un codice di comportamento deontologico votato alla trasparenza e che, invece, nel concreto hanno ampiamente disatteso gli impegni.

Bruno Tabacci, presidente della Commissione Attività produttive della Camera dei deputati, che ha invece evidenziato come sia siderale la distanza tra i valori e la realtà. «Tutto lo sviluppo mondiale - ha detto - gravita attorno all’Occidente, che conta un miliardo di abitanti. Il 30% dell’economia italiana è in nero, dall’idraulico al notaio. Si continua a dire che le tasse sono alte. Sì, ma per chi le paga». Non si vada quindi a disturbare troppo l’etica, quando sarebbe sufficiente tradurre in concreto l’impegno nel rispetto delle regole, del lavoro, dell’ambiente. Per Alberto Barcella, vice presidente dell’Unione industriali di Bergamo, «l’imprenditore deve tramutare i valori d’azienda in azione, con coerenza, qualità fondamentale di ogni uomo, che ha come diretta conseguenza la credibilità.

Un’azienda che non è credibile non ha futuro». Mentre il prefetto di Bergamo, Cono Federico, ha sottolineato come ai manager è rischiesta la grande capacità di saper individuare quali sono le decisioni di prendere per il bene dell’azienda e di chi vi lavora. «Anche in politica – ha precisato infine Cesare Veneziani, sindaco di Bergamo – occorrerebbe più spesso l’impegno di persone, quali sono appunto i manager, in grado di passare dalle parole ai fatti».

(05/06/2004)

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