L'individualismo punto debole
dell'agricoltura bergamasca

L'agricoltura bergamasca è frenata da individualismo e mancanza di aggregazione, lacune che si sentono maggiormente in un periodo di crisi come quello attuale. Le categorie di rappresentanza - Cia, Coldiretti e Confartigianato - riconoscono la maggior forza contrattuale che deriverebbe dall'unità ma continuano ad avere visioni diverse del problema.

Se ne è parlato alla Fiera Nuova nel corso del convegno «Quale futuro per le imprese agricole nella provincia di Bergamo?» organizzato da Ubi-Banca Popolare di Bergamo con il patrocinio della Camera di Commercio.  «Abbiamo due difetti - ha sottolineato Piero Bonalumi, presidente Cia - che sono mancanza di aggregazione e l’individualismo, ma credo che tra associazioni si debba lavorare per aggregare sull’economico, cioè sul fare delle cose che portino reddito».

Aggregazione che può essere «sindacale» o «commerciale - secondo Renato Giavazzi, presidente di Confagricoltura –, che dovrebbe portare la banca a fare uno sforzo maggiore, entrando con una partecipazione di quota nell’agricoltura che passi alla produzione. Dovremmo muoverci anche nell’ambito della grande distribuzione, l’ultima grande sfida che alcune realtà bergamasche non capiscono».

La risposta di Giancarlo Colombi, presidente della Coldiretti: «Noi crediamo in un agricoltura distintiva e che certi prodotti siano legati al territorio. Con la costituzione di Agricoltura Amica, abbiamo realizzato a Bergamo un consorzio, un’aggregazione moderna e innovativa, per realizzare una rete commerciale».

Il convegno è stata l’occasione per presentare una ricerca commissionata da Ubi-Banca Popolare di Bergamo ad Agri 2000, per individuare le prospettive dell’agricoltura provinciale. Dai risultati si stima che solo il 15-19% (800-1000) delle aziende agricole iscritte alla Cciaa (5.281 a settembre 2009) sono competitive, mentre il 38-47% (2.000-2.500) sono vitali e per la stessa percentuale si definiscono marginali.

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