Banche, imprese e politica
colpevoli della vicenda di Stezzano

«Quanto accaduto a Stezzano è l'ultimo capitolo in ordine cronologico del libro nero del lavoro a Bergamo. Il ricorso al gesto disperato del tentato suicidio per ottenere il dovuto stipendio, ovvero il diritto fondamentale di una paga equa per il lavoro svolto, è un aspetto della crisi del lavoro e della società attuale». Lo scrive Gabriele Mazzoleni, segretario generale della Filca Cisl di Bergamo in una lettera inviata ai giornali.

«Se a Stezzano non si fosse intervenuti in tempo con le forze dell'ordine, oggi si conterebbero i morti, ma sarebbero sconosciuti i mandanti. Il tentato suicidio è reato, mentre se il suicidio è determinato da cause evidenti, oltre la disperazione, dovute all'ambiente di lavoro, il crimine è imputabile chiaramente ad una seconda persona oltre lo sfortunato».

«Allora chi sono i colpevoli di Stezzano? Troppo facile dire l'imprenditore che non ha pagato gli stipendi e che ha tentato probabilmente di raggirare i dipendenti. Troppo facile dire la disperata ricerca di pace in un tempo di crisi come quello attuale. Troppo facile indicare i tre lavoratori come eccessivi, plateali. Le colpe, se ve ne sono oltre le evidenze, vanno cercate nel mondo delle banche, delle imprese e della politica. Infatti se contiamo i tentativi di suicido per disoccupazione o mancato stipendio siamo di fronte ad una tentata strage. Se aggiungiamo i suicidi morti in nel silenzio colpevole della stampa, troviamo molti piccoli imprenditori e artigiani che schiacciati dai debiti si sono lasciati andare».

«La colpa è la politica delle banche, che non hanno mai cambiato registro, continuando le disgraziate operazioni, i tassi di interesse, le regole per il credito capestro che hanno determinato proprio la crisi che sta colpendo così duramente anche Bergamo. La colpa è diffusa, mentre pochi cercano di assicurare la giustizia. Colpevoli, senza appello, gli imprenditori che hanno fatto utili da capogiro fino all'altro ieri e oggi, svenduto il patrimonio, intascato moltissimo e intestata a terzi l'azienda, chiedono la mobilità, la cassa integrazione straordinaria e licenziano. A questi imprenditori nessuno, né dalle banche né dalla politica, ha chiesto di essere responsabili verso la comunità nella quale hanno operato».

«La colpa è della politica, ma non in senso astratto e demagogico, come se al governo del Paese e del territorio vi fossero misteriose tribù di marziani. La politica è colpevole nel nome di tutti coloro che non hanno opposto nessuna azione legislativa contro gli imprenditori speculatori e contro le banche senza scrupoli. In una società liberale come la nostra è ovvio che banche e imprese vivano ogni giorno per fare utile, ricavi, profitti, ma non è possibile che la politica, anche quella locale e regionale, consenta loro di indurre alla morte per suicidio. Se è vero che non si può condannare una società intera, che non è pensabile incarcerare i politici soltanto per la loro immensa insensibilità e ignoranza sociale, è altrettanto vero e indispensabile cominciare ad ammettere i limiti del proprio mandato».

«I sindacati - conclude il sindacalista - sono una parte, oggi la più esposta alle tragedie e alle emergenze, ma non possono risolvere nulla se non si uniscono tutte le forze della solidarietà. Serve urgentemente, anche contro altri tentativi di suicidio e di morti ammazzati, un patto sociale bergamasco, capace di unire tutti gli attori sociali ed economici, ognuno responsabile anche dell'altro. A Bergamo, a Stezzano, a Capriate, a Ponteranica, nessuno può svicolare, sfuggire, rimandare le proprie responsabilità, o peggio pensare che la crisi la possano risolvere altri, magari ancora i marziani».

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