Minacce ai sindacalisti colombiani
Solidarietà da Tenaris Dalmine

Martedì si è tenuta un'assemblea straordinaria alla Dalmine per informare i lavoratori bergamaschi dell'inasprimento della situazione che i loro colleghi colombiani stanno vivendo. L'assemblea è stata organizzata da Fim, Fiom, Uilm, Rsu e ha visto la partecipazione di Gianni Alioti, responsabile del settore Internazionale della Fim Cisl.

Ferdinando Uliano, segretario generale della Fim di Bergamo, ha voluto sottolineare «l'atteggiamento negativo della Tenaris di Dalmine, che ha impedito a un sindacalista colombiano di partecipare alla riunione, convocata a seguito di nuove minacce di morte, questa volta indirizzate al giovanissimo vice presidente di SinTraTuCar, il sindacato colombiano dei metalmeccanici del gruppo Tenaris».

La storia riguarda gli stabilimenti Tubo Caribe, dove da qualche anno si ripetono, impunite, azioni e minacce rivolte contro l'attività sindacale. Prima Jairo del Cairo, poi Deivis Blanco, rispettivamente presidente e vice presidente dell'organizzazione, sono stati ripetutamente minacciati e bersaglio di azioni violente.

«A febbraio, insieme al sindacato internazionale – racconta Gianni Alioti – abbiamo compiuto una missione di solidarietà, e abbiamo anche ottenuto, seppur in via ufficiosa, la preoccupazione e la solidarietà del gruppo Tenaris. Da parte nostra abbiamo chiesto che vengano ripresi il dialogo sociale e il negoziato, anche se su questo versante è tutto in mano all'arbitrato previsto dalla legislazione colombiana, perché la trattativa si sta protraendo da troppo tempo.

Il nostro interesse, però, è che si continui a tenere i riflettori puntati, e stiamo preparando un'azione di denuncia con Cut Fism e Fim da presentare al comitato per la libertà sindacale di Ginevra. Infatti, in Colombia, - continua Alioti - resiste una convinzione di pregiudizio verso il sindacalismo, considerato una minaccia all'occupazione e all'impresa. Questo pregiudizio, purtroppo presente anche in molta parte della popolazione, viene usato dai militari per colpire anche fisicamente chi svolge attività sindacale. A volte si registra una responsabilità del management; altre volte è fisiologico di una situazione di continua crisi sociale.

Tutti quelli che si occupano di diritti e rivendicazioni sociali – conclude il sindacalista Fim - possono diventare vittime e bersaglio di chi ha interesse a continuare a alimentare il conflitto armato, sostenuto soprattutto dai gruppi paramilitari e legati al narcotraffico. Come i sindacalisti, anche gli insegnati sono spesso bersaglio della violenza, proprio a dimostrazione del fatto che l'obiettivo vero sono le possibilità di cambiamento culturale. Una situazione resa ancora più drammatica dalla constatazione che solo il 4% dei casi».

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