Confindustria chiede flessibilità
per agganciare la timida ripresa

«Abbiamo gestito insieme la "flessibilità difensiva". Adesso cerchiamo di gestire insieme anche quella "d'attacco" per agganciare i timidi segnali di ripresa che si stanno affacciando all'orizzonte e non lasciarci sfuggire opportunità di lavoro». Tradotto in soldoni è questo l'appello che Confindustria Bergamo rivolge a Cgil, Cisl e Uil provinciali.

Gli industriali hanno inviato, infatti, alle segreterie confederali una nota per chiedere la disponibilità dei sindacati «a dare piena applicazione» ai sistemi di flessibilità nella gestione dei tempi di lavoro previsti dai contratti «senza restrizioni o aggravi di costo rispetto a quanto già disciplinato a livello nazionale o aziendale». Nei primi quattro mesi dell'anno, spesso in continuità con quanto era già stato fatto nel 2009, «flessibilità difensiva» ha voluto dire smaltimento delle ferie arretrate, riduzione dei turni e applicazione dei cosiddetti orari pluriperiodali che più o meno funzionano così: in fase di calo produttivo si lavora meno ma con 40 ore settimanali pagate e in fase di rialzo si lavora di più, recuperando le ore ridotte in precedenza. Flessibilità ha voluto dire anche cessazione dei contratti a termine, fossero a tempo determinato o in somministrazione.

E mentre le prime misure erano in mantenimento dei posti di lavoro, quest'ultima, riconosce il vicepresidente di Confindustria per le relazioni sindacali, Silvio Albini, non è stata indolore e ha comportato «un impatto occupazionale con un numero alto di cessazioni» registrato non solo nel 2009 ma anche nei primi mesi del 2010. Ora, guardando al futuro, per Confindustria, come spiegano Albini e il responsabile del servizio sindacale Stefano Malandrini, diventa necessario gestire la «flessibilità d'attacco». Che potrebbe voler dire questa volta assunzioni a termine prima di passare al tempo indeterminato o, prima ancora di assumere, lavoro straordinario, orari pluriperiodali gestiti in aumento, e non più in riduzione, o ancora intensificazione dei turni di lavoro. Si tratta, scrive Confindustria ai sindacati, di «non penalizzare le esigenze aziendali nella fase lenta e delicata di auspicata emersione dalla crisi congiunturale».

In altre parole, l'obiettivo è tenersi stretti gli ordini che potranno arrivare se gli accenni di risalita dovessero consolidarsi. Le aziende, sintetizza Albini, hanno bisogno di «cogliere tutte le opportunità di lavoro». Per farlo lanciano l'appello ai sindacati. L'auspicio è «continuare ad avere un rapporto positivo» con i sindacati sui temi della «flessibilità d'attacco» come è stato sulle azioni difensive usando i meccanismi contrattuali anche nei momenti di risalita. E la palla passa nel campo dei sindacati. La richiesta sulla flessibilità è l'esito di un'analisi che parte dalle indicazioni altalenanti di questi mesi. «Il mercato è imprevedibile e c'è grande incertezza. I segnali di ripresa sono ineguali», spiega Albini, vicepresidente con delega alle relazioni sindacali. In più «preoccupano le turbolenze sui mercati finanziari e valutari e, sul fronte dei consumi, le prospettive di austerità che un po' in tutta Europa ci saranno». Insomma, la situazione non è ancora per nulla tranquilla. E anche i leggerissimi segnali di miglioramento che mostrano i dati dell'osservatorio sindacale di Confindustria sul fronte occupazionale nel primo trimestre del 2010 sono da prendere con grande prudenza. È vero che c'è un calo di richieste di cassa integrazione e di esuberi rispetto al trimestre precedente. Ma, come annotano Albini e Malandrini, è più indice di una tenuta della gestione condivisa della crisi sul territorio che un'indicazione vera di rasserenamento. La leggera contrazione della richiesta di cassa integrazione nasconde fra l'altro uno scivolamento verso gli interventi di Cig straordinaria «più preoccupanti», sottolinea Albini.

«A fronte di una debole ripresa, non si vede ancora una ripresa occupazionale - spiega -. Per ora il rischio di una ripresa senza occupazione è effettivo. I primi segnali di risalita non stanno creando nuova occupazione. Il primo stadio di rientro sarà il riassorbimento dagli ammortizzatori con cui si è tamponata la crisi. Ma la vera nuova occupazione è ancora lontana e la sensazione è che ci vorrà tempo: sarà un processo lungo». Con una preoccupazione in più per quanto riguarda gli esuberi: «Con gli ammortizzatori sociali si sposta il problema in avanti, ma il sistema, specie con l'aiuto dell'amministrazione pubblica, deve porsi il problema. Occorre essere efficaci nella formazione. I piani di ricollocamento vanno fatti funzionare adesso per accompagnare con gradualità la ripresa, se no si ripercuoterà tutto alla fine della cassa». E la conclusione riporta al punto di partenza: «Dobbiamo seguire con attenzione le dinamiche di uscita dalla crisi, per portarci a casa tutte le opportunità».
Silvana Galizzi

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