L'Isola paga il costo della crisi:
sono in 7.500 senza lavoro

Da area depressa, fatta di campi, all'industrializzazione serrata. Poi il peso della crisi economica, arrivata a colpire le industrie, tanto da lasciare sul campo oltre settemila disoccupati. La storia recente dell'Isola bergamasca è un saliscendi, con segni buoni e cattivi, come l'urbanizzazione massiccia ma in ordine sparso, l'impatto ambientale delle produzioni.

Ma l'Isola si confronta con sé stessa, riflette e chiama a raccolta anche esperti di fama nazionale per trovare quella strada che la può portare a non fermarsi.

Nascono così gli Stati generali, inaugurati ieri con un convegno dal titolo «Quali strategie per il nuovo sviluppo economico e sociale dell'Isola», moderato dal direttore de L'Eco di Bergamo, Ettore Ongis. Voci dell'economia e della cultura, del sociale e della politica hanno descritto un quadro a più voci sul territorio della Bergamasca in generale e dell'Isola in particolare. Ad aprire i lavori Maurizio Cavagna, sindaco di Madone, padrone di casa (i lavori si sono svolti al palazzetto dello sport del paese) davanti a un pubblico di circa trecento persone, fra cui molti amministratori, che ha auspicato la nascita di «un tavolo di confronto» non estemporaneo sulle problematiche dell'Isola. Inoltre è arrivato l'invito a fare squadra superando i campanilismi.

«Non ci aspettiamo di dare soluzioni tecniche ma un contributo che tratteggi la strada, un paradigma per imprese, politica, comunità», ha detto Cavagna. Sul tappeto i molti temi che coinvolgono da vicino questo territorio, 21 Comuni per 120 mila abitanti. Un primo quadro è stato tracciato dal presidente della Comunità dell'Isola (Cib) e sindaco di Ambivere Silvano Donadoni, che ancora ha invitato al dialogo perché «anche fra noi ha avuto il sopravvento, ci siamo isolati rispetto alle grandi realtà che ci circondano».

Prima di tutto la crisi, «che ha colpito duro. I disoccupati qui sono 7.500 e i cassaintegrati 3.500». Informazioni che si legano a doppio filo con quelle economiche, «perché il reddito ha subito riduzioni fino al 40%». Poi la scolarità: «Siamo sempre stati un territorio che pensava al fare, operoso, e che ha messo questo prima di altro. La scolarità è aumentata, ma qui ancora solo il 4% della popolazione è laureato».

Alberto Bombassei, vicepresidente di Confindustria e numero uno di Brembo, che nell'Isola ha una sede importante (e incalzato dalle domande di Ongis ha affermato che «investire qui resta di primaria importanza per noi, ma dico anche che noi restiamo qui e sappiamo che dobbiamo essere competitivi, ma anche il territorio lo deve essere»), ha elencato alcuni punti fondamentali per il futuro economico.

«La Lega ha chiesto di non dare aiuti a chi delocalizza, ma attenzione: c'è chi delocalizza e chi si internazionalizza. Cercare di conquistare nuovi mercati è diverso dal far produrre all'estero pezzi a costi ridotti». La ricetta importante, oltre alla «sburocratizzazione» e alla formazione mirata, è l'innovazione, «con la ricerca, come è al Kilometro Rosso».

E una stoccata: «Una sfida importante, quella del parco tecnologico, ma in cui gli enti pubblici ancora non si vedono. Serve più collaborazione fra enti e fra le parti sociali e gli enti». Il rettore dell'Università di Bergamo, Stefano Paleari, ha ricordato che «un'epoca è finita e oggi bisogna capire, enti locali in testa, come governare gli egoismi in un momento di crisi sistemico, che era avviato già 20 anni fa». Un momento a cui anche l'Università di Bergamo si adegua: «Agli studenti cerco di far capire che i servizi aumentano la qualità, ma non sono gratuiti, e che bisogna rispettare le regole.

Ecco perché ora chi si iscrive in ritardo pagherà una multa». Al tavolo anche Giuseppe Masnaga e Giorgio Papa, direttori generali rispettivamente di Banca Popolare di Bergamo e Creberg, che hanno portato la posizione delle banche «che di fronte alla crisi possono dare supporto alimentando i processi che permettono l'aumento dell'innovazione nell'impresa». Infine il contributo di monsignor Vittorio Nozza, direttore della Caritas italiana.

«La crisi economica come la viviamo deriva da un mondo che è infartato – ha detto –, che si è trovato colpito mentre era concentrato sul fare ma incapace di agire, di produrre un futuro». Il problema è lo scenario di «impressionante materialismo». «In questo quadro c'è la debolezza dei giovani senza lavoro, di chi arriva da lontano, degli immigrati che sono stati usati per dare risposte a un sistema economico che chiedeva lavoro a basso costo, dei minori e della difficoltà delle famiglie numerose».

Monsignor Nozza ha quindi auspicato che si torni «a cercare il bene comune come prima cosa», invitando a «guardare i fatti dal basso, dal punto di vista degli esclusi» e a trovare una via per fare fronte a questa povertà, «che si declina in tre volti – da detto –. Quello materiale, quello di relazioni e quello del senso di vuoto». Gli appuntamenti proseguono oggi con le premiazioni di Isolareporter. Un dibattito fra politici e sindacati, slittato ieri, sarà riprogrammato nei prossini giorni.

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