I costi della politica Bergamasca
Dalla Uil tagli e ottimizzazioni

«Rivedere il funzionamento degli enti istituzionali, ridurre il numero dei componenti gli organi elettivi, snellire gli apparati burocratici, rivederne le funzioni». La Uil propone tagli e ottimizzazioni contro i costi sempre troppo alti della politica.

Se le amministrazioni fossero tutte come quella bergamasca non saremmo qui a parlare. Il problema è che i bergamaschi pagano le conseguenze degli sprechi di altre amministrazioni locali. A dirlo è Luigi Angeletti che è intervenuto nella mattinata di lunedì 23 maggio a Seriate al seminario organizzato dalla Uil dal titolo 1Costo della politica e finanza locale. Quale compatibilità?». All'incontro Angeletti critica il numero elevato di amministratori: «Ci sono 27 mila amministratori di società pubbliche comunali che gestiscono servizi» contesta il sindacalista, che propone: «È necessario ridurre il numero dei politici e, se necessario, ridurre gli enti». Secondo Angeletti sono i costi della politica che hanno aumentato il debito pubblico: «Non credo che la soluzione sia quella di portare i ministeri al Nord - ha detto -. Il nostro vero problema è che la pubblica amministrazione, dai Comuni allo Stato, ci costa troppo e invece di essere un aiuto all'economia e alla crescita, in molti posti è un freno».

«Tutto questo significa perdita di posti di lavoro - ha aggiunto Angeletti -. Basti pensare al caso scandaloso di Porto Tolle o a quello del rigassificatore di Brindisi, bloccato da undici anni. Il problema del nostro Stato è che non riesce ad essere selettivo. Ci sono cose che vanno tagliate e altre sulle quali bisogna investire e questa è tutta una questione politica. La politica deve fare delle scelte, senza paura dei contrasti».

Sull'argomento è intervenuto anche il sindaco di Bergamo che ha partecipato al seminario: «Se gli amministratori - ha detto il primo cittadino - offrono un servizio, non sono un costo ma sono un investimento» mentre l'onorevole Antonio Misiani ha sottolineato l'importanza del federalismo che, però, «rischia di causare un aumento della pressione fiscale, visto che conferma la politica di tagli dei trasferimenti agli enti locali. Più in generale - continua - il clima dei costi della politica va affrontato con equilibrio: servono sforzi incisivi di razionalizzazione ma la democrazia, come dice la stessa Uil, ha dei costi necessari».

A fare da padrone di casa durante l'incontro Marco Tullio Cicerone, segretario provinciale della Uil di Bergamo: «Se i costi della politica sono necessari per permettere l'esercizio democratico ai cittadini, nessuno è autorizzato ad abusarne». Da uno studio fatto dalla Uil i costi complessivi della politica a livello nazionale si aggira sugli 11.6 miliardi di euro all'anno. Una cifra sicuramente importante, in particolare in un momento in cui la gravità della crisi economica associata ad una ripresa dell'inflazione, sta fortemente riducendo il potere di acquisto di milioni di lavoratori e pensionati. «La manovra economica del 2011 ventilata dal Ministro Tremonti, che dovrebbe aggirarsi intorno ai 4\5 Miliardi di euro, se non dovesse rivolgersi all'eliminazione di doppioni e\o di sprechi, corre il rischio di tramutarsi in un'ulteriore manovra a carico della tassazione diretta o indiretta che grava in maniera sempre più pesante sulle tasche di milioni di pensionati e lavoratori di questo Paese - spiega Cicerone -. Quando poi la pressione fiscale sui redditi dei pensionati e dei lavoratori ha ormai superato percentuali medie del 48%, ogni utilizzo non pienamente giustificato delle risorse pubbliche diventa oltremodo oltraggioso. Ricordiamo come la semplice razionalizzazione di alcune funzioni non essenziali delle Province, in quanto Istituzioni, lasciando dunque inalterate tutte le altre funzioni e tutto il personale, comporterebbe un risparmio strutturale di oltre 1,2 miliardi di euro, che potrebbero diventare oltre 3,5 miliardi di euro con la loro completa abolizione».

La richiesta della Uil è quindi quella di «rivedere radicalmente il funzionamento degli enti istituzionali, ridurre il numero dei componenti gli organi elettivi, snellire gli apparati burocratici, rivederne le funzioni, anche e soprattutto, per evitare la duplicazione dei ruoli. Bisogna rivedere, ad esempio, il numero degli assessorati, molto spesso pletorici, di Regioni, Province e Comuni non in base alla dimensione demografica, che nella realtà non esiste neppure oggi, ma in base alle reali funzioni dell'Ente. Ciò non significa soltanto risparmiare lo stipendio dell'Assessore, ma ottimizzare le risorse con effetti ben più consistenti in termini di efficienza. Diminuire i componenti dei consigli di amministrazione delle controllate pubbliche, abbatterne i compensi, chiudere le Società inutili, significa non drenare risorse pubbliche, ma ottimizzarle».

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