Gli artigiani tessili e la crisi:
ha chiuso il 20% delle imprese

la Cina è uno dei concorrenti più agguerriti delle imprese tessili artigiane di piccole dimensioni, ma in diversi casi sono gli stessi cinesi residenti nella nostra provincia a mantenere vive alcune produzioni made in Bergamo. Ma non a tutti è andata bene.

Il Dragone cinese da una decina d'anni a questa parte è uno dei concorrenti più agguerriti delle imprese tessili artigiane di piccole dimensioni, ma in diversi casi sono gli stessi cinesi residenti nella nostra provincia a mantenere vive alcune produzioni made in Bergamo.

Basta dare un'occhiata alle aziende dei settori tessile, abbigliamento e calzature iscritte all'Albo delle imprese artigiane della Camera di commercio di Bergamo e notare che alcune attività sono cresciute a dispetto della crisi. I biancheristi, ad esempio, sono passati dagli 86 del 2001 ai 103 del novembre 2010, mentre le imprese specializzate nella fabbricazione di ombrelli si sono quasi triplicate, salendo a 14 contro le 5 di dieci anni fa. Si contano 81 sarti per donna (nel 2001 erano 48) e sono quasi raddoppiate le imprese che lavorano cordami e cascami (7).

«Il trend di crescita di queste professioni sembra dovuto in particolare alla presenza di imprenditori cinesi sul nostro territorio, ma anche i bergamaschi stanno riscoprendo attività come quella del sarto ad esempio, perché riesce a ritagliarsi uno spazio nel confezionamento di vestiti per occasioni particolari, come gli abiti da sposa o da cerimonia», afferma Stefano Maroni, direttore dell'Associazione artigiani di Bergamo.


Ma non a tutti è andata bene. Nel 2001 il totale delle «piccole» operanti nel tessile, abbigliamento e calzature era di 1.323. Alla fine dell'anno scorso erano invece 1.047 imprese: 276 in meno, pari a un calo del 20,8%.

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