Miro Radici sull'aeroporto di Orio:
«È fondamentale per Bergamo»

«Finché ci sono margini si può crescere ma esiste una questione ambientale e non intendiamo lasciare nulla d'intentato». Lo dice Miro Radici: l'imprenditore dal maggio scorso è alla guida di Sacbo, società che gestisce lo scalo.

Tutti all'aeroporto. Per volare alto e ribadire la centralità di Orio nel sistema socioeconomico bergamasco. Confindustria celebra la propria assemblea provinciale in quello che, di record in record, è il quarto scalo italiano: un autentico valore aggiunto per il territorio. Una scelta che inorgoglisce Miro Radici: l'imprenditore del tessile, dal maggio scorso è alla guida di Sacbo, società che gestisce lo scalo.
Una nomina arrivata dopo una certa qual turbolenza tra i soci bergamaschi. Lo strappo è ormai ricucito, presidente?
«Io non l'ho vissuto come uno strappo».
Lei magari no. Qualcuno però sì.
«Guardi, avevo posto una condizione per accettare la presidenza: il consenso di tutti. L'ho avuto, e tanto mi basta. Ai problemi di prima non ho partecipato. Tiriamo una riga e andiamo avanti».
Perfetto. Ripartiamo allora dalla centralità dell'aeroporto.
«È centrale eccome, tanto più in questa crisi che non è finita e potrebbe riservarci ancora qualche brutta sorpresa. E allora, un asset come questo aeroporto ha un valore immenso: basti pensare ai 25 mila stipendi che distribuisce ogni mese tra addetti e indotto. Un'enormità: gente che con questi stipendi paga mutui, affitti, fa la spesa o fa studiare i figli».
È il punto di forza della nostra economia locale?
«La scelta di Confindustra di celebrare qui la propria assemblea lo conferma, e per noi è un grande motivo d'orgoglio: una scelta molto importante. E tutto questo lo dobbiamo alla lungimiranza di Ilario Testa (presidente per 15 anni, scomparso nell'estate 2010 - ndr) e alla sua intuizione dei voli low cost».
Quelli che inizialmente qualcuno considerava voli per saccopelisti... «Ragioniamo in termini di mercato: questi non sono prezzi al ribasso, quindi low, ma semplicemente giusti. Se il mercato non è amministrato da fattori esterni o caricato di altre cose, esprime questi prezzi che permettono a milioni di bergamaschi di andare in giro per l'Europa. E ad altrettanti turisti di scoprire le nostre bellezze. Ma se non ci fossero quei prezzi, noi non esisteremmo. Chi ancora oggi usa la parola low cost in modo quasi dispregiativo, non ha capito molto. Se con 50 euro vado a Valencia, faccio volare migliaia di persone: se gliene faccio pagare 1.000 non ci va un accidente di nessuno. E il mercato crolla».
Ma se la compagnia aerea fa pagare meno, dove recupera i costi?
«È tutta una catena: loro possono far pagare di meno a patto che gli aeroporti siano iperefficienti. Offrano cioè servizi e assistenza di elevata qualità: e voglio essere chiaro, noi siamo i più bravi». Niente meno? «Sa qual è la verità? Ad Orio c'è ancora lo spirito di Testa. Io le vedo le 500 persone che lavorano allo scalo: hanno know how e passione. C'è ancora la sua voglia di concepire il lavoro».
E lei cosa vorrebbe portare, invece?
«Lo vedremo alla fine del mio mandato. Per ora non ho meriti, e proprio per questo posso dire che siamo i più bravi d'Italia. Sono presidente solo da maggio: tutto quello che Orio è ora, non è dipeso sicuramente da me».
Prima ricordava i 25 mila stipendi, ma non si può sorvolare sulle migliaia di cittadini che subiscono i disagi del boom dello scalo... «Certo, non si può. Ed è un problema. Ma mi creda, quando non ero presidente anche io ero convinto di avere la soluzione in tasca: poi, una volta passato dall'altra parte, mi sono reso conto di come il problema fosse ben più complesso. E non c'è giorno che non lavoriamo su questo versante per trovare le soluzioni migliori. Leggere sui giornali che tutti hanno la soluzione pronta mi fa sorridere: la pensavo così pure io, prima...».
Più che soluzioni, noi avremmo domande. Una: quanto può crescere ancora Orio?
«Le possibilità di crescere ci sono, ma esiste una questione ambientale. Stiamo facendo tutto il possibile: metteremo a disposizione risorse per l'insonorizzazione e climatizzazione e stiamo studiando ogni soluzione». Compresa la modifica alle rotte?
«Tutto il possibile. E non intendiamo lasciare nulla d'intentato. Il rapporto con il territorio è un chiodo fisso della mia presidenza: ma mi creda, non è una questione facile. Vanno trovate tante piccole cose che, messe insieme, rendano la cosa sopportabile».
Ma a breve voi supererete il mitico tetto dei 68.570 movimenti annui previsto dalla Valutazione d'impatto ambientale. Che succede dopo?
«La crescita dei passeggeri del 2011 non è tanto legata all'aumento dei voli, quanto al maggiore tasso d'occupazione dei velivoli».
D'accordo, ma il tetto si avvicina comunque. E poi?
«Io voglio rendere l'aeroporto sempre più efficiente e compatibile. La sua è una domanda difficile: finché ci sono margini si può crescere, e ad un'impresa non piace limitarsi. Però è chiaro che non possiamo non tenere in considerazione il territorio, diversamente il sistema si rompe».
Intanto a breve arriva Lufthansa...
«Gran bel colpo. Eravamo un po' scoperti sul versante business: ora il collegamento con Francoforte ci apre le porte del mondo».
Le prossime trattative: con compagnie tradizionali o ancora low cost?
«Ci guardiamo intorno a 360 gradi. Vedremo di riempire altri tasselli del nostro mosaico».
Dati alla mano, non esiste in Europa uno scalo così dominato da una sola compagnia, nello specifico Ryanair: non è preoccupato? Se un giorno gli irlandesi decidono di prendere cappello, Orio precipita.
«È solo un problema di qualità. Se un cliente lo tratti bene e gli dai i migliori servizi possibili, è molto difficile che se ne vada altrove. Vale per Ryanair e anche per le altre compagnie. La competizione è forte: temo che, alla lunga, anche Orio possa registrare qualche flessione. In una crisi del genere, non possiamo escludere che la gente rinunci a volare».
A proposito di concorrenza: Sea non sarà entusiasta dell'arrivo di Lufthansa ad Orio.
«Io sono stato nominato presidente di Sacbo, non di Sea».
Che è però socia al 30 per cento.
«E abbiamo buoni rapporti, ma la mia priorità è Sacbo».
E la questione alleanze? Guardiamo a Milano, oppure all'asse Brescia-Verona?
«Sono scelte che non vanno fatte su basi politiche, ma industriali ed economiche. Quindi, prima bisogna vedere quale sia l'alleanza che crea davvero valore e poi scegliere di conseguenza: invece, troppo spesso sento ragionare al contrario. Ad ogni modo, stiamo sviluppando dei possibili scenari e li presenteremo ai soci entro fine anno».
Quindi la partita è aperta?
«Ma con un punto fermo: Orio è orgogliosa di essere indipendente e vuole rimanere tale. Padroni non ne vogliamo».
Questo vuol dire che di Sea non se ne parla più?
«Non lo so, metta che mi diano il 50 per cento... Battute a parte, abbiamo un'azienda efficiente e un bilancio solido, per non parlare della situazione patrimoniale. Nell'immediato possiamo persino permetterci la presunzione di non aver bisogno di nessuno: quindi, ogni cosa che studiamo deve avere un preciso contenuto industriale e valorizzare la nostra indipendenza».

Dino Nikpalj

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