Squinzi per il dopo-Marcegaglia
«Sarò il presidente di tutti»

Confindustria ha scelto il patron di Mapei, Giorgio Squinzi, per la presidenza del dopo-Marcegaglia. È stato designato dalla giunta con uno scarto di undici voti sul presidente di Brembo, Alberto Bombassei: 93 contro 82 nel derby bergamasco. Una vittoria sul filo di lana.

Confindustria ha scelto il patron di Mapei, Giorgio Squinzi, per la presidenza del dopo-Marcegaglia. È stato designato dalla giunta con uno scarto di undici voti sul presidente di Brembo, Alberto Bombassei: 93 contro 82 nel derby bergamasco. Non c'è l'ampio vantaggio delle previsioni.

È una vittoria «sul filo di lana», commenta a caldo lo stesso Squinzi, che da appassionato di ciclismo la paragona alle volate dello spagnolo Oscar Freire che ha corso per la sua scuderia, il team Mapei: «veniva sempre fuori negli ultimi 50 metri e batteva tutti».

È stato «un voto chiaro», dice Squinzi, 68enne di Cisano Bergamasco, anche se «i margini non sono amplissimi». Sarà «il presidente di tutti», garantisce, con un impegno per «ricompattare Confindustria»: interpreterà il suo ruolo «come una missione», lavorerà per dare «una spinta importante nella direzione di trovare la crescita» di cui ha bisogno il Paese, e per «combattere il problema più grave, la disoccupazione», a partire dai giovani.

Sarà l'assemblea di fine maggio a chiudere l'iter per la nomina del presidente degli industriali per il quadriennio da maggio 2012 a maggio 2016. Il voto in giunta chiude la sfida tra i due candidati, registrando un consenso diviso quasi al 50%. Ma gli industriali, sottolinea Emma Marcegaglia, «come è sempre stato si ricompatteranno tutti intorno al nuovo presidente, che sarà il presidente di tutti, di chi lo ha votato e di chi non lo ha votato», perché Confindustria deve restare «unita, compatta, forte, indipendente».

Candidato della discontinuità, con una proposta di «rifondazione» dell'associazione degli industriali, Alberto Bombassei garantisce «leale collaborazione»; e avverte: il risultato «dimostra quanto sia ampia la realtà degli imprenditori italiani che spinge per un profondo cambiamento», rappresenta «le aree più industrializzate del Paese a cui il presidente designato non potrà non prestare ascolto».

Al voto, segreto, l'Eni «ha fatto la differenza», sottolinea l'ad Paolo Scaroni, che era considerato tra i sostenitori di Bombassei: «Abbiamo sei voti, abbiamo votato per Giorgio Squinzi. Così è stato evitato un pareggio che sarebbe stato una cosa piuttosto antipatica».

Moderato, «uomo del dialogo», nei suoi primi commenti Squinzi ha sottolineato anche il suo approccio sul delicato terreno delle relazioni industriali. Non è entrato nel merito dei temi aperti, come l'articolo 18 (su cui in passato ha espresso posizioni più morbide), perché solo a fine maggio ci sarà il passaggio del testimone con Emma Marcegaglia.

«Non sono per gli scontri», dice, anche se «non sono una colomba, come invece sono stato descritto». E accenna ai «6 contratti con tutti i sindacati al tavolo, senza un'ora di sciopero, ottenendo concessioni definite epocali», firmati come presidente di Federchimica.

Lo ricorda anche la leader della Cgil, Susanna Camusso: «Mi auguro che l'atteggiamento costruttivo e responsabile dimostrato negli anni alla guida di Federchimica, nonché la sua storia professionale di imprenditore di grande successo, siano un punto di riferimento per la costruzione di relazioni sindacali positive, nel segno dell'accordo interconfederale del 28 giugno scorso».

E dell'uscita del Lingotto da Confindustria, Squinzi dice: «Non so che margini di ricomposizione ci possono essere, se ci saranno cercherò di esperire ogni tentativo per riportare Fiat all'interno» dell'associazione degli industriali.

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