Cisl, quanti ostacoli per la pensione
Fornero e l'«onda» delle quindicenni

«Ci sono gli esodati, gli scivolanti verso la pensione, prepensionandi bloccati, e adesso anche "le quindicenni"…. Sono tutte persone che dalla riforma Fornero, quella delle pensioni, sono rimaste escluse da un diritto che credevano già conquistato». Lo denuncia la Cisl.

«Ci sono gli esodati, gli scivolanti verso la pensione, prepensionandi bloccati, e adesso anche "le quindicenni"…. Sono tutte persone che dalla riforma Fornero, quella delle pensioni, sono rimaste escluse da un diritto che credevano già conquistato. Lo denuncia la Cisl in un comunicato che pubblichiamo.

«Degli esodati si parla da tempo: sono coloro che (ad esempio da Poste Italiane) erano stati convinti a lasciare l'occupazione in cambio di un periodo più o meno breve di mobilità prima della sospirata pensione, calcolata però con criteri che la professoressa torinese ha modificato di punto in bianco, e che adesso si trovano sulla strada, disoccupati, troppo giovani per il riposo, troppo vecchi per il lavoro».

«Il 13 aprile una grande manifestazione nazionale porterà in piazza Cgil, Cisl, Uil e Ugl per chiedere al Governo misure idonee a risolvere la situazione. Ma adesso inizia a farsi largo anche la voce delle donne, e sono molte, che in un periodo lontano anni luce da questo, quando uno stipendio era sufficiente, hanno deciso di lasciare il lavoro per seguire la famiglia, sicure di poter riscattare la pensione e i contributi versati per almeno 15 anni di lavoro e, in alcuni casi, con versamenti volontari».

«E invece, anche su di loro la scure di Fornero è calata inesorabile: il diritto salvaguardato dalla riforma Amato è stato cancellato, spostando ai 20 anni il limite minimo per poter riscuotere l'assegno mensile. A patronati e sindacati iniziano a giungere richieste di intervento sempre più pressanti e arrabbiate, come quella di Fabrizia Farina, di Caravaggio».

«La donna chiede "se il governo Monti non abbia intenzione di istituire un fondo per risarcire i cittadini beffati dall'ultima riforma delle pensioni. Probabilmente questi professori vivono da troppo tempo rinchiusi nelle università, parlano solo fra di loro, al massimo con qualche studente, quando capita, e hanno perso il contatto con chi vive nel mondo reale. Sono della classe 1952, divenuta famigerata dopo la riforma delle pensioni del nostro governo tecnico; ho iniziato a lavorare come impiegata nel 1969 e ho smesso nel 1981, con la seconda maternità. Con grandi sacrifici, ho deciso di pagare i contributi volontari per raggiungere i 15 anni di contributi e quindi il diritto alla pensione di vecchiaia"».

«"Questo diritto è stato salvaguardato dalla riforma Amato che aveva garantito la pensione di vecchiaia anche a chi aveva 15 anni di contributi al 31/12/1992. Ecco, però, che entra in scena il governo Monti che, con la sua riforma delle pensioni sposta un po' oltre l'asticella, garantendo la pensione di vecchiaia solo a chi ha 20 anni di contributi. A questo punto, la solerte INPS emette una circolare (n° 35 del 14 marzo 2012) in cui ribadisce il requisito dei 20 anni"».

«"Bene!!! Poiché non intendo finanziare l'Inps, rivoglio, con gli interessi, i 15 anni di contributi che ho versato!!! Al ministro Fornero pongo poi questa domanda: perché preoccuparsi tanto delle pari opportunità se poi decide di penalizzare, togliendo loro la pensione da sotto il naso, tutte quelle donne che, con sacrificio, hanno lavorato per 15 anni e poi hanno deciso di dedicarsi alla famiglia? Invece di alzare lo scalpo dell'articolo 18 da mostrare con orgoglio all'Unione Europea e ai mercati finanziari, provi a mettere mano agli errori e alle ingiustizie che nel suo pur breve cammino da ministro ha già commesso. Infine, al sindacato chiedo di alzare la voce ed occuparsi anche delle lavoratrici che, come me, hanno subito un danno (psicologico ed economico) e non hanno mezzi per farsi sentire e per portare la proprie ragioni ad un tavolo di trattativa"».

«Questa è solo una delle voci che la Cisl di Bergamo ha raccolto, e il loro numero continua a aumentare, mano a mano che le persone si rendono conto che i loro progetti di integrare il reddito familiare (perché oggi uno stipendio non basta più) si scontrano contro i progetti del governo tecnico di riassestare le finanze pubbliche».

«"Questa grave situazione riguarda migliaia di donne in provincia di Bergamo - sostiene Ferdinando Piccinini, segretario generale della Cisl -, che, sulla base della recente riforma, che non ha voluto tenere in considerazione i criteri di accompagnamento alla pensione già concordati, si trovano nella difficile situazione di non poter esigere il diritto alla pensione. Molte donne, infatti, tra gli anni 70 e 80 hanno lasciato il lavoro sulla base di precise disposizioni pensionistiche e contributive: non si può oggi negare a ognuna di esse il diritto di venir ripagate in base a quanto versato"».

«"La cosa si complica ulteriormente se nel conto mettiamo anche tutti gli esodati, oltre 20.000 nella sola Lombardia: è assolutamente grave che il governo non abbia voluto dare una risposta concreta al legittimo bisogno di continuità di reddito per questi numerosi lavoratori e lavoratrici. Nonostante le pressioni sindacali il ministro Fornero ha ancora recentemente escluso che nel decreto liberalizzazioni ci potesse essere spazio per emendamenti volti a definire soluzioni positive"».

«"Non è possibile pensare di lasciare a metà del guado lavoratori e lavoratrici che volontariamente avevano accettato percorsi di mobilità con la garanzia di raggiungere al termine della stessa il pensionamento. Un paese moderno che ha preso atto di dover fare sacrifici non può accettare che questi vengano caricati su persone abbandonate senza nessuna tutela. Rivolgeremo nei prossimi giorni un appello e lanceremo iniziative alle quali inviteremo i nostri parlamentari, affinché gli stessi si rendano conto della gravità della situazione e si impegnino in modo concreto per una soluzione ravvicinata"».

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